Di Maio insiste sul reddito di cittadinanza: deve partire nel 2019

2 Set 2018 19:58 - di Redazione

È un Di Maio che parla a tutto campo, il vicepremier ospite della festa del Fatto Quotidiano, dal cui palco annuncia programmi e date. E tra intenzioni e iniziative, rilancia: dal 2019 «il reddito di cittadinanza deve partire. Nella legge di bilancio dobbiamo mettere le coperture per aiutare almeno 5 milioni di persone»; poi avverte: «ma non daremo soldi per stare sul divano alle persone. Chi lo riceverà si prende l’impegno di fare lavori di pubblica utilità e di formarsi per lavori che serviranno allo Stato», e nel caso qualcuno lo percepisse senza averne titolo, aggiunge il vicepremier, «rischia fino a 6 anni di carcere».

Di Maio insiste sul reddito di cittadinanza

Solo poco prima di queste ultime dichiarazioni pubbliche, Di Maio aveva smentito con una nota alcune notizie circolate sulla stampa, confermando: «Il reddito di cittadinanza e la flat tax restano due priorità di questo Governo e verranno realizzate entrambe. L’Esecutivo è compatto e andrà avanti attuando i punti contenuti nel programma». E allora, proprio a proposito di piani del programma, dal dl corruzione ai conti pubblici, passando per Ilva e Autostrade, il vicepremier grillino ha elencato e ribadito le linee programmatiche nell’agenda dell’esecutivo. Eccoli, punto per punto.

I punti programmatici nell’agenda del governo

  1. Sulla corruzione. Il dl anticorruzione «conterà norme che abbiamo aspettato per anni. Dentro il documento ci sono tutte le nostre grandi battaglie come il daspo per i corrotti: se ti beccano, tu la pubblica amministrazione non la vedrai mai più», ha detto  il vicepremier.
  2. Sui conti pubblici. «Noi ci troviamo come esecutivo a un bivio storico in cui si sono trovati i governi negli ultimi 20 anni: scegliere se ascoltare un’agenzia di rating o mettere al centro i cittadini. Noi sceglieremo sempre gli italiani», ha affermato Di Maio commentando la decisione di Fitch di portare l’outlook per l’Italia da “stabile” a “negativo”. «Non possiamo pensare – ha aggiunto – di stare qui a rassicurare un’agenzia rating e i mercati e poi pugnalare gli italiani alle spalle. Per ascoltare le agenzie di rating negli anni si sono fatti regali alle banche, il Jobs act e la legge Fornero. Ora dobbiamo aiutare 5 milioni di poveri assoluti, gli imprenditori, risolvere i problemi di sanità e scuola. È un Paese in macerie da ricostruire», ha concluso.
  3. Su Autostrade. «Con la gestione pubblica delle autostrade abbasseremo i pedaggi. Chiederemo un pagamento congruo e con questo investiremo in manutenzione. Non vogliamo fare utili», ha detto il vicepremier aggiungendo che ciò «non significa che ci stiamo innamorando di uno Stato padrone. Ma oggi c’è un monopolio con tre concessionari e uno di questi è Autostrade alla quale, è una promessa, toglieremo la concessione e su questo siamo a buon punto. Il problema è che se rifacciamo un bando, si presenta o qualche azienda estera che vuole colonizzarci, o si ripresenta la stessa Autostrade».
  4. Sull’Ilva. «Abbiamo verificato che nella gara per la vendita dell’Ilva c’è stato un eccesso di potere che rende l’atto illegittimo. Ma, allo stesso tempo, l’atto non soddisfa tutti i requisiti per annullarlo. Ne serve uno che stiamo verificando», ribadisce il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro. «Intanto – ha ricordato – ci incontreremo con sindacati e il potenziale acquirente Arcelor Mittal in vista della scadenza del 15».

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