Abbaglio Capitale: per la sentenza Roma è mafiosa. Ma solo un po’

12 Set 2018 12:34 - di Francesca De Ambra

Come la ragazza di cui si diceva che era incinta «ma solo un po’», così anche Roma è mafiosa, ma appena appena. Tanto è vero che ai due (presunti) padrini, Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, la Corte d’Appello ha comminato pene meno pesanti di quelle irrogate dalla sentenza di primo grado, che pure aveva escluso l’aggravante mafiosa. Una contraddizione solo apparente e che secondo il capo della procura capitolina, Giuseppe Pignatone, si spiega con la convinzione dei giudici che la piovra della Capitale sia stata smantellata al momento degli arresti, cioè nel 2014, quando le pene previste dal Codice per il reato di associazione mafiosa non erano state inasprite. A prima vista non fa una piega. Parliamo però di mafia, cioè di uno specifico criminale dotato non solo di organizzazione, radicamento territoriale e forza d’intimidazione, ma anche della capacità di instillare in chiunque non ne assecondasse le pretese la certezza che per sfuggirle non c’è tempo e non c’è spazio. La peculiarità della mafia è questa. Le cosche terrorizzano perché sprigionano un alone di longevità organizzativa che va ben oltre l’esistenza in vita dei suoi affiliati. Mafia Capitale, come riconoscono gli stessi giudici che l’hanno sanzionata riducendo le condanne, non è invece riuscita a sopravvivere all’arresto dei suoi due presunti mammasantissima. La forzatura è evidente. È come definire cancro una qualsiasi escrescenza asportata in day hospital. E il rischio è duplice: banalizzazione della mafia, da un lato, discrezionalità dei magistrati, dall’altro. Entrambi sembrano fatti apposta per consentire a procure e giudici di cedere alla tentazione di appiccicare l’etichetta di “mafioso” a qualsiasi sodalizio criminale e con l’occhio rivolto al contesto politico (la reviviscenza di Mafia Capitale si è tradotta in un assist per la boccheggiante giunta Raggi). Basta e avanza per convincersi che per ottenere una giustizia giusta non basta che la legge sia uguale per tutti. Occorre che lo siano anche i magistrati. 

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