Saluto romano in campo: il caso del giovane Luppi e l’antifascismo militante
Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:
Caro direttore,
l’antifascimo militante becero che si è manifestato negli ultimi due anni con particolare virulenza sembra non volersi fermare davanti a nulla, nel perseguimento del suo scopo – ovviamente: avvelenare il clima del dibattito pubblico-politico -, nemmeno davanti ai pronunciamenti della magistratura. E nemmeno nei casi, tutto sommato, più ridicoli. A Bologna, nei giorni scorsi, si è positivamente chiusa – positivamente per l’imputato – la vicenda di Eugenio Maria Luppi, il quale ha visto chiedere ed accogliere l’archiviazione dell’accusa di apologia di Fascismo formulata a suo carico dopo che, segnato un goal, salutò il padre in tribuna col braccio destro alzato. Il gesto fu il pretesto per una levata di scudi che sconfinò dal perimetro del piccolo stadio dilettantistico, non solo perché il ragazzo, sotto la maglia della sua squadra, aveva pure un t-shirt con l’emblema della Rsi, ma anche per il luogo specifico in cui tutto accadde: Marzabotto, tristemente noto nella storia della seconda guerra mondiale. Ebbene, ora l’avvocato Andrea Speranzoni, giocando su un cavillo dell’archiviazione disposta dal pm Michela Guidi, tenta di riaprire la partita, nell’evidente speranza di trascinare il ragazzo in aula di tribunale. Eppure – sottolinea Alessandro Veronesi, giovane e valente avvocato del Luppi -, il calciatore dilettante ha già pagato ampiamente per un gesto equivocato; per di più, accettando anche gli innumerevoli insulti e la miriade di minacce che gli sono stati rivolti sul web e non solo, dopo l’amplificazione mediatica che ebbe tutta questa storia. Per scelta dello stesso Veronesi, affinché si fermassero polemiche e speculazioni contro il suo cliente, pur dimostrandone la consistenza reale e concreta davanti alla Guidi, Luppi non ha mai presentato denunce contro gli anonimi che hanno riempito lo stabile dove abita e altri circostanti di frasi intimidatorie per settimane intere. Ora, si può anche non credere alla versione del ragazzo e pensare che abbia anche ingenuamente fatto un “saluto romano”, ma, anche in questo caso, oltre alla sproporzione delle reazioni, resta quanto ha dovuto rilevare la giustizia, anche alla luce della “sentenza milanese” del 14 dicembre 2017, per la quale casi del genere non hanno alcun rilievo penale. Non è stato solo il “clima di odio”, però, che Luppi ha dovuto sopportare, poiché sul piano sportivo la mazzata è arrivata comunque. Anche da questo punto di vista, Luppi deve ringraziare il Veronesi, il quale, pur essendo “vergine” di procedimenti davanti alla “Giustizia sportiva”, è riuscito a tener testa a chi voleva trattare il caso e con l’intenzione di ottenere almeno un paio d’anni di squalifica del giocatore. La replica della difesa è stata imperniata tutta su un sottile e anche ironico parallelo con quanto niente meno che a Paolo Di Canio, rilevando come in quell’occasione – pur nell’ammissione di aver fatto un vero e proprio “saluto romano”; di averlo fatto allo Stadio Olimpico e vestendo la maglia della Lazio e la fascia di “capitano”; di essere stato ripreso dalle televisioni nazionali tutte e non solo -, oltre che a non essere stato aperto alcun fascicolo penale, il celebre campione non fu squalificato neanche per una giornata. Veloce retromarcia da parte dell’”inquisitore romano” e subitaneo accesso a un “patteggiamento” che ha ridotto a soli otto mesi lo stop forzato dell’atleta. Eppure, tutto ciò non ostante, qualcuno pensa ancora che sia utile intasare il tribunale con un “sequel” di questa vicenda, contestando la consolidata differenza giurisprudenziale tra persona “offesa” e persona “danneggiata”. Per chi è digiuno dell’indigesto vocabolario giuridico, la specificazione può essere così riassunta: l’offeso è chi subisce direttamente il danno di un’azione; mentre il “danneggiato” e colui che può subirne indirettamente le conseguenze. Nel caso in oggetto, il Comune di Marzabotto e altre associazioni facilmente immaginabili che si erano costituite nella causa contro Luppi, sono state considerate solo “danneggiate”, poiché certamente il ragazzo, il quale nega persino d’aver compiuto il gesto incriminato, certamente non poteva voler offendere soggetti, di alcuni dei quali neanche conosceva l’esistenza; per tanto, a questi enti non è stata notificata la richiesta di archiviazione, con conseguente impossibilità di opporvisi.
Il problema è solo che in Italia nel 2018 i reati d’opinione devono essere abrogati dall’ordinamento penale. La magistratura si deve occupare dei reati che minacciano realmente la convivenza civile del Popolo d’italia e non dei reati d’opinione. Quanti soldi dei contribuenti vengono buttati in procedimenti penali che in uno stato di compiuta democrazia, che non è l’Italia attuale, neanche vedrebbero non solo l’accesso a un aula giudiziaria ma neanche una mezza parola sui giornali . Le idee si combattono con le idee e non con il carcere. L’italia non potrà mai dirsi democratica se non verranno abrogate la legge Scelba, la legge Mancino e tutte quelle norme che prevedono reati d’opinione. Io sono per la libertà d’espressione e di manifestazione del pensiero qualunque essa sia . Semmai dovremmo prevedere sanzioni amministrative, nello specifico pecuniarie, per tutte quelle persone che minacciano la libertà di pensiero, d’espressione e manifestazione chiedendo il ricorso all’autorità giudiziaria. Giuseppe La Porta.
Ma vogliamo per favore,per pietà finirla una buona volta con queste sterili diatribe.Il Fascismo grazie a Dio è morto e sepolto da quel dì e non c’è alcun bisogno di evocare suo fratello gemello e cioè l’antifascismo.Ma in che mondo vivete ,c’è bisogno di pane e lavoro ,di scuola e ospedali ,di ponti e di strade sicure e Voi signori comunisti figli della più spietata delle dittature purtroppo ancora longeva in non pochi Paesi ve la prendete con un morto ,con un sepolcro oramai ricoperto di muffa e di borraccina?Contenti Voi …….
analisi perfetta. Bravo