L’autocritica di Lerner: sinistra subalterna al capitalismo. Fusaro: meglio tardi che mai

25 Ago 2018 18:49 - di Vittoria Belmonte

Se ne è accorto anche Gad Lerner che i fischi con cui il popolo di Genova ha accolto gli esponenti del Pd erano più che meritati, erano inevitabili. Dopo il crollo del ponte Morandi, infatti, troppe parole sono state spese a sinistra per difendere il gruppo Atlantia e la famiglia Benetton, segno inequivocabile della frattura tra il Pd e i ceti meno abbienti che teoricamente proprio dalla sinistra dovrebbero essere tutelati.
Il giornalista ne ha parlato in un’intervista apparsa giorni fa sul Fatto quotidiano: “La subalternità del centrosinistra al capitalismo non è certo nuova – ha detto Lerner – semmai ha inizio negli anni ’90, quando i post-comunisti potevano ambire al governo nazionale e in loro si è determinata un’ansia da legittimazione: non mangiamo i bambini, sappiamo stare composti a tavola, garantiremo i vostri interessi”. E ancora: quei fischi secondo Lerner, “testimoniano nel modo più umiliante il divario tra il gruppo dirigente di centrosinistra e le classi meno agiate. Dietro alla tragica condizione di isolamento del Pd c’è il tradimento dei vertici, la corruzione di un gruppo dirigente imborghesito, i rapporti di confidenza tenuti col capitalismo senza mai avere il coraggio di combatterne i vizi“. Non solo, ma Lerner critica anche il “riflesso automatico a difesa dei grandi imprenditori” che ha visto quasi tutti i media italiani proteggere la famiglia Benetton.

L’autocritica di Lerner è stata notata e commentata da Diego Fusaro, lo studioso che parte da Marx per ciriticare il globalismo e che piace negli ambienti della destra radicale: “Talvolta – ha scritto Diego Fusaro su Affari italiani – ci si imbatte in inconfessabili momenti di verità. Inattesi tanto per il contenuto quanto per la fonte. È quanto accade ora. L’araldo del cosmopolitismo arcobaleno Gad Lerner fa autocritica. E così afferma senza perifrasi: ‘La Sinistra da anni è subalterna al capitalismo’. Meglio tardi che mai, caro Gad Lerner” .

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