Elisabetta Costantini, prima donna primario in Urologia: «Ho vinto così…»
Non è solo una scommessa vinta. È un esempio per tutti. Mai demordere. Mai arrendersi. Capelli lunghi, alta, «la tedesca mi chiamavano» i colleghi in corsia. Ai suoi tempi l’Urologia era soltanto terreno maschile. «Alla Specializzazione c’erano solo uomini», racconta all’Adnkronos Elisabetta Costantini, professore associato all’Università di Perugia e direttrice della Clinica urologica a indirizzo andrologico e uroginecologico di Terni. È la prima donna italiana a diventare direttore di un reparto in questo settore. Le iscritte alla Società Italiana di Urologia sono ancora mosche bianche: 390 su circa 2800 iscritti, insomma il 14%. Tra queste 165 sono specializzande, mentre 225 sono ordinarie. «Perché l’ho fatto? Per scommessa. Quando ho pensato di entrare alla scuola di specialità tutti i miei colleghi erano maschi e quasi tutti mi guardavano dicendomi tu sei matta, non puoi fare Urologia, non è per una donna». L’allora primario, il Professor Micali, fu lui a fare la differenza. «Bambina – così, mi chiamava – se vuoi provarci, provaci. Ai tempi era un illuminato, mi sono laureata nel 1984 e sono entrata lo stesso anno, sono arrivata prima, ma a Sassari perché a Perugia non c’era. E uno dei due aiuti mi disse al massimo farai la ferrista».
È stata dura, non c’è da dubitarne. »Se vuoi qualcosa devi combattere. Nella sala operatoria era logico che avessero la precedenza i miei colleghi maschi e, quindi, come tale io dovevo fare solo alcune cose, ma ancora oggi è così». Per riuscire a dare il massimo si è inventata di tutto, anche gli escamotage. «Io ero sempre la prima la mattina, che si lavava prima degli altri, così quando gli altri arrivavano non mi potevano mandare via dalla sala operatoria. Sono riuscita ad andare avanti – aggiunge ridendo – sempre nel momento in cui si sono distratti» e consideri che «erano tempi in cui se passavi in corsia con un collega a lui dicevano “Dottore” e a te “signorina”». Qualche problema con i pazienti c’è stato, ma «solo in due casi». Autrice di centinaia di pubblicazioni sulle più importanti riviste italiane e internazionali, Costantini ha tenuto relazioni e moderazioni nei maggiori consessi scientifici, oltre a partecipare come tutor chirurgico e operare in diretta anche in ambiti internazionali. «Ai congressi spesso ci andavo con mio marito e tutti parlavano con lui fino a quando a un certo punto si stufava e gli diceva: non sono medico, mi occupo di ristorazione!». Pluripremiata, dal 2014 e fino allo scorso anno ha fatto parte del comitato esecutivo della Società Italiana di Urologia. A oggi, oltre a una carriera brillante, ha anche una bella famiglia.«Sì, diciamo non canonica, però. Mio marito ha lasciato il lavoro per aiutarmi quando ho avuto il secondo figlio. Fa tutto in casa, anche lo chef, ma solo per tutti noi. Senza di lui, non ce l’avrei fatta». L’imbarazzo, certo, ogni tanto capita con i pazienti. «Come me la cavo? Con una battuta. Per un certo tipo di esplorazioni dico meglio che le mani siano di donna, non crede?», si fanno una bella risata e il ghiaccio è rotto. Solo in due mi dissero che volevano un uomo. “Siete liberi”, gli risposi, prescrivendogli gli esami. Ci andarono, ma poi, aggiunge con un pizzico di soddisfazione: «Tornarono entrambi da me».