Usa, Trump: test del Dna sugli immigrati per ricongiungere le famiglie
Stanno ricorrendo anche al test del Dna gli agenti federali impegnati, negli Usa, a ricongiungere le migliaia di famiglie di immigranti separate, nelle scorse settimane, dalle politica della tolleranza zero di Donald Trump.
La Cnn, che ha rivelato la vicenda, ha citato un funzionario federale il quale non ha voluto specificare da quanto tempo si stia ricorrendo a questi test del Dna, se si sta chiedendo il consenso agli immigrati che vengono sottoposti e se, dopo l’accertamento delle relazioni parentali, i risultati del test del Dna vengono inseriti in un database, come sarebbe logico attendersi.
Il test si è reso necessario perché, come ha spiegato la fonte alla Cnn, «non è raro che i bambini siano vittime della tratta di esseri umani e che vengano fatti entrare negli Usa da trafficanti che affermano di essere i loro genitori». In questo modo, dunque, il ricorso ai test del Dna è fondamentale «per accelerare l’accertamento delle relazioni e il ricongiungimento con i veri genitori nella tutela e nell’interesse del minore». Il Dna viene raccolto attraverso un tampone sulla guancia
Ma gli avvocati di Raices, una Ong texana che offre assistenza legale e servizi a basso costo a immigrati e rifugiati che stanno cercando di riavere i propri figli, contestano la procedura, denunciandola «come un’ulteriore dimostrazione dell’incompetenza e l’ammissione di colpa».
Jennifer K. Falcon, portavoce dell’associazione sostiene che i test del Dna sono necessari «perché non sono mai stati registrati i genitori ed i figli in modo corretto» e denuncia il fatto che non è possibile che i bambini, alcuni dei quali neonati, possano aver dato il proprio consenso ad un test che potrà permettere al governo di controllarli «per il resto della loro vita».
Alcuni avvocati che rappresentano le famiglie di immigrati hanno detto alla Cnn che alcuni dei loro clienti sono stati contattati da individui che si sono qualificati come funzionari sanitari o indossavano abiti in stile militare: «Mi è stato detto – ha raccontato Sophia Gregg, un avvocatessa specializzata in diritto dell’immigrazione presso il Legal Aid Justice – che «gli uomini in uniforme militare blu ordinavano di fare i test del sangue e della saliva».
I funzionari, che lavorerebbero per l’Office of Refugee Resettlement, un’organizzazione governativa del Dipartimento della Salute che assiste i rifugiati e i bambini vittime della trattati esseri umani, hanno intervistato a lungo i genitori chiedendo dove sono nati i loro figli e se hanno segni distintivi.
Non è chiaro, al momento, quante famiglie di immigrati siano state riunite da quando un giudice ha ordinato al governo degli Stati Uniti di fermare la maggior parte delle separazioni familiari al confine.
La scorsa settimana, il Dipartimento della salute aveva affermato che c’erano 2.047 bambini appartenenti a famiglie separate, ma da allora i funzionari hanno rifiutato di specificare quanti bambini appartenenti a famiglie separate rimangono ancora in custodia.