Festività soppresse, ecco cosa sono e come cambia la busta paga
Saper leggere la propria busta paga è molto importante, così da rendersi conto per tempo di eventuali errori commessi dal datore di lavoro. Tuttavia non tutti sanno come fare; ad esempio, sono i pochi a sapere che cosa sono le festività soppressse.
Nel dettaglio alla voce “festività soppresse“, che in busta paga si trova vicino agli spazi dedicati a ferie e permessi, si indicano quei giorni che una volta il nostro ordinamento riconosceva come festività nazionali ma che oggi non lo sono più. Nel dettaglio, ci sono delle festività che una volta erano riconosciute anche sul piano civile dalla legge 269/1949 e che di conseguenza permettevano al dipendente di assentarsi dal lavoro senza perdere il diritto alla retribuzione. Questi giorni, però, sono stati eliminati da successive disposizioni venendo così definiti come “festività soppresse”.
Anche se eliminate, però, le ex festività hanno comunque delle conseguenze per il lavoratore. Nel caso in cui cadano in un giorno infrasettimanale e lavorativo, infatti, al dipendente viene riconosciuto un permesso di cui può godere in qualsiasi momento.
Quindi, per ogni festività soppressa al lavoratore viene riconosciuto un permesso extra ma quali sono quindi questi giorni? Tra le festività soppresse troviamo il giorno di San Giuseppe del 19 marzo, l’Ascensione del 10 maggio (39° giorno dopo la domenica di Pasqua), San Pietro e Paolo, che cade il 29 giugno (festività ancora riconosciuta a Roma), il Corpus Domini del 3 giugno 2018 (60° giorni dopo la domenica di Pasqua) e la Festa dell’Unità Nazionale del 4 novembre.
Quest’anno soltanto per San Giuseppe, l’Ascensione e San Pietro e Paolo è riconosciuto un giorno di permesso, dal momento che il Corpus Domini e la Festa dell’Unità Nazionale cadono di domenica. Non entrano quindi in busta paga come festività soppresse.
Vorrei sapere se esiste un altro paese al mondo dove si retribuiscono le ex feste