Tumori, due “marker” predicono l’efficacia della chemio per il seno
Potrebbe essere sufficiente fare un paio di frazioni per sapere in anticipo se la chemio contro il cancro al seno sarà efficace oppure no: l’operazione da fare è calcolare il rapporto fra alcune cellule del sangue (neutrofili o piastrine) e i linfociti, soldati del sistema immunitario. È la prospettiva che si apre grazie a uno studio condotto all’Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, che ha permesso di identificare «per la prima volta» due nuovi «potenziali biomarcatori predittivi di sopravvivenza libera da progressione per i trattamenti chemioterapici convenzionali a base di platino nel carcinoma mammario triplo-negativo». Il lavoro, durato 10 anni, è stato pubblicato su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature. Quello al seno triplo-negativo – sottolineano gli esperti dell’Irccs – è al momento la forma più aggressiva di tumore maligno della mammella; rappresenta il 10-20 per cento dei casi di metastasi nel carcinoma mammario, ed è caratterizzato dalla mancanza di bersagli terapeutici e da un’elevata mortalità. Gli studi prospettici più recenti dimostrano una sopravvivenza libera da progressione mediana e una sopravvivenza globale che non superano, rispettivamente, i 6 mesi e i 12-18 mesi.