Sud, rialzati e cammina. Un libro ci spiega come credere nel “miracolo”
Mostrarsi ottimisti sul futuro del Mezzogiorno, al giorno d’oggi, è come sperare di far innamorare Belen vantando il fisico di Bombolo e lo stipendio del ragionier Fantozzi. Chi studia il fenomeno decennale del sottosviluppo delle zone meridionali d’Italia, però, qualche elemento per evitare di recitare il solito “de profundis” – nei giorni in cui la soluzione dei problemi del sud è affidata alla mancette assistenzialiste dei grillini – in fin dei conti lo può trovare proprio dai numeri meno recenti. “Mezzogiorno 1861-2011: il prodotto interno lordo pro capite aumenta di 18 volte, le linee ferroviarie passano da 184 km a 5.731, la rete viaria di rilevanza nazionale e provinciale da 6.977 km (al 1863) a 74.172 km (anno 2000), vengono realizzati i sistemi idrici di captazione, adduzione, distribuzione e acque reflue pressoché inesistenti all’origine, il tasso di alfabetizzazione sale dal 12,9 al 97%”.
“Bastano questi dati per evidenziare come in 150 anni di storia unitaria il Mezzogiorno si sia trasformato, insieme con l’Italia tutta, da area in grave ritardo di sviluppo e segnata da povertà ed emigrazione di massa in area appartenente a pieno titolo a un’Europa che costituisce una delle realtà economicamente e socialmente più avanzate del mondo. Eppure dobbiamo essere anche consapevoli che permane ancora un divario economico e sociale molto ampio rispetto al Centro-Nord del nostro Paese…”, scrive Claudio De Vincenti, nella prefazione del libro, curato da Giuseppe Coco e Amedeo Lepore e intitolato “Il risveglio del mezzogiorno. Nuove politiche per lo sviluppo”, edito dalla Casa editrice Laterza .
L’ex ministro per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno ovviamente difende il lavoro fatto al governo Renzi con “risultati importanti sul fronte dell’export, della crescita sostenuta del turismo, sull’utilizzo dei fondi europei del ciclo 2007-2013, i Patti per il sud, il recupero di 300mila posti di lavoro , gli massicci interventi infrastrutturali l’istituzione delle zone economiche”. Obiettivi poco visibili, a occhio nudo, ma sui quali il libro pone l’accento accreditando la tesi dell’inversione di marcia “renziana”.
Giuseppe Coco, professore ordinario di Economia Politica della Scuola “Cesare Alfieri” presso l’Università di Firenze, e Amedeo Lepore, professore ordinario di Storia Economica presso il Dipartimento di Economia dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, mettono insieme nel libro le tesi di chi non vuole vedere nero a tutti i costi con contributi di studiosi del calibro di Mario Mustilli, Stefano Palermo, Giorgia Pasciullo, Guido Pescosolido, Federico Pirro, Stefano Prezioso, Andrea Ramazzotti, Piero Rubino, Laura Serlenga, Grazia Servidio, Ernesto Somma, Mario Sorrentino, Pietro Spirito. La tesi di fondo che fa da collante al ragionamento sulle fragilità strutturali e le potenzialità inespresse, è una ricetta “keynesiana”, tanto per cambiare, ma con un ipotetico nuovo modello di intervento pubblico nel Mezzogiorno capace di combinare Stato e mercato “ponendo al centro delle strategie industriali il ruolo dell’impresa e dei lavoratori e puntando sulla crescita e sulla competitività dell’intero sistema economico”. Per Amedeo Lepore, assessore uscente della giunta De Luca in Campania ed esponente napoletano del Pd, la lezione arriva dal passato: c’è un anno che segna lo storico di un treno ad alta velocità per lo sviluppo dell’Italia e del sud, che nel tempo è purtroppo diventato un triciclo. “Il 1957 era assurto a vero e proprio annus mirabilis del processo di crescita, in virtù della concentrazione di eventi di valore generale per l’Italia, che non si limitarono all’origine della nuova frontiera europea e dell’industrializzazione meridionale, riguardando anche aspetti puntuali ma indicativi come l’esordio della Fiat 500 sul mercato automobilistico, l’avvio della scalata dell’Eni al mercato degli idrocarburi, la diffusione della Rai in tutte le regioni italiane e l’inizio della trasmissione televisiva “Carosello”, l’inaugurazione della IV Rassegna internazionale di elettronica nucleare e teleradiocinematografica all’Eur di Roma, l’apertura del primo supermercato italiano e l’istituzione del Ministero delle Partecipazioni Statali. L’Italia, nell’intero periodo 1950-1973, pur essendo un’economia distante dalla frontiera tecnologica, riuscì a conseguire risultati straordinari in termini di sviluppo…”.
Perfino al sud, che fino a metà degli anni Settanta sembrava poter vincere la, scommessa, prima che iniziasse il percorso inverso. Da quello sforzo di sinergie e di emancipazione industriale su scala europea si può attingere per provare a coltivare un sano ottimismo: “Dopo la grave crisi degli ultimi anni e il recente periodo di ripresa, si fa spazio la possibilità concreta di non assecondare gli assertori del declino italiano, gli sterili divulgatori di una “stagnazione secolare” senza speranza, e di riprendere, nelle diverse condizioni del contesto attuale, il cammino interrotto di un Sud dinamico e proattivo, di un’Italia orgogliosa e tenace, capace di generare miracoli”.