Stadio di Roma, il Pd all’assalto di Bonafede: «Riferisca in Senato»

14 Giu 2018 15:06 - di Michele Pezza

Ad evitargli le polemiche non basta la laconica dichiarazione («non commento indagini in corso») con cui il neoministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha respinto l’assalto dei giornalisti che, a margine della presentazione del rapporto dell’Anac al Senato, gli chiedevano un giudizio sull’inchiesta legata allo stadio della Roma.

Il capogruppo Marcucci: «Il ministro chiarisca i suoi rapporti con Lanzalone»

Nel giro di mezz’ora, infatti, a trascinare il Guardasigilli nell’imbarazzante vicenda provvedeva una nota del capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci: «Ho appena chiesto alla presidente Casellati – vi si legge -, di convocare in aula al più presto il ministro  Bonafede, a seguito degli inquietanti sviluppi del caso che riguardo lo stadio di Roma e l’ascesa del manager Luca Lanzalone (il numero uno dell’Acea, ristretto ai domiciliari e da poche ore dimissionario dall’incarico, ndr). Siamo ostinatamente garantisti – sottolinea ancora Marcucci – e vogliamo dare al Guardasigilli l’opportunità di chiarire in Parlamento i contorni di una vicenda che appare torbida e che lo riguardano in prima persona. Il ministro della Giustizia non può convivere con queste macchie: meglio che venga subito in aula a chiarire la sua posizione e le sue relazioni». Com’è noto, a tirare in ballo Bonafede – del tutto estraneo all’inchiesta aperta dalla Procura capitolina sulla realizzazione del nuovo stadio di Roma – è stata prima la sindaca Virginia Raggi e successivamente Roberta Lombardi, candidata del M5S alla guida della regione Lazio.

Bonafede estraneo all’indagine

Entrambe hanno dichiarato di aver conosciuto il manager Lanzalone, che si è dimesso da presidente dell’area, attraverso il vertice del MoVimento, segnatamente lo stesso Bonafede, ma anche Luigi Di Maio e Riccardo Fraccaro, anch’egli ministro del governo Conte, Beppe Grillo e Casaleggio Jr. Non una chiamata in correità (ripetiamo che nessuno di costoro è indagato), ma l’attribuzione di una precisa responsabilità politica. Senza le loro pressioni, lasciano capire la Raggi e la Lombardi, Lanzalone non sarebbemai arrivato in Campidoglio e men che meno sarebbe diventato il presidente dell’Acea, che è non solo l’asset più prestigioso del patrimonio della Capitale, la cui amministrazione ne detiene il 51 per cento, ma è anche la più importante utility italiana.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *