Parla l’ambasciatrice del Kosovo: “Noi Stato laico, non Stato musulmano…”

4 Giu 2018 18:35 - di Antonio Pannullo

Dove va il Kosovo? Il Secolo d’Italia ha intervistato Alma Lama, ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Kosovo dal novembre 2016. Membro dela Lega democratica del Kosovo, è stata parlamentare per due legislature.

Gentile ambasciatore, sono passati dieci anni da quando il suo Paese si è autoproclamato indipendente dalla Serbia. La sua indipendenza non è riconosciuta da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite e il Kosovo è ancora amministrato da una missione militare Onu. Il vostro Stato è rivendicato dalla Serbia. Queste polemiche sono state superate o proseguono?

Il Kosovo da dieci anni è uno Stato indipendente e sovrano. Per raggiungere la fase di indipendenza sono stati necessari degli sforzi immensi da parte del popolo del Kosovo che per un secolo intero è stato maltrattato e discriminato dai diversi regimi di Belgrado. Mentre la guerra  del 1998-1999, la fine della quale, per nostra fortuna,  è stata segnata dall’intervento militare della Nato, è stata l’ultimo capitolo di decenni sanguinosi. Qui non si tratta di riconquistare il territorio della Serbia, ma si tratta di riliberarsi con violenza da una invasione secolare. Il diritto storico ha trionfato nel 1999, grazie alla messa in atto di un’agenda umanitaria nelle più alte istituzioni internazionali e soprattutto, perché questa agenda che sanciva il diritto, è stata imposta proprio dall’Occidente. Le polemiche sull’indipendenza del Kosovo continueranno finché i politici serbi nutriranno il popolo serbo di fiabe e leggende che non hanno nulla a che fare con la realtà in Kosovo. Attualmente, il Kosovo è statori conosciuto da quasi tutti i Paesi dell’Ue e  dal mondo democratico, così come dalla maggior parte dei Paesi delle Nazioni Unite. Ora abbiamo 117 riconoscimenti e nonostante le ostruzioni della Russia e della Serbia, e il loro numero viene aumentando di anno in anno. In relazione alla Serbia, siamo coinvolti in un dialogo mediato dall’Ue e la parte costruttiva in questo dialogo siamo noi, nonostante le ferite non cicatrizzate. La Serbia, a sua volta, non si sta dimostrando disponibile ad attuare gli accordi che essa stessa ha sottoscritto.

C’è preoccupazione in Europa e particolarmente in Italia per il fatto che il Kosovo è uno dei due Stati musulmani nel cuore dell’Europa. È stato detto e scritto che sia in Kosovo sia in Bosnia vi sarebbero stati centri di arruolamento e addestramento per jihadisti destinati a Siria, Iraq, Afghanistan per la guerra santa. Può smentire queste notizie?

 In primo luogo, il Kosovo non è uno Stato musulmano, ma uno Stato laico in cui la religione è divisa dallo Stato e che rispetta la libertà religiosa come in qualsiasi altro Paese democratico. Il Kosovo ha la costituzione più moderna in Europa in termini di libertà e di diritti umani e la più generosa in termini di cura delle minoranze. Gran parte della popolazione è parte di un eredità di un islam moderato, ma come altri Paesi europei, gran parte della popolazione del Kosovo è profondamente laica. Qualsiasi etichettatura come Stato musulmano è sbagliata. Per quanto riguarda il fenomeno degli estremisti, ammetto che sono presenti anche nella nostra società. Questo è un fenomeno del dopoguerra quando delle cosiddette organizzazioni umanitarie hanno invaso il Kosovo e alcune di esse predicavano delle agende religiosi. È importante sottolineare che lo Stato del Kosovo ha reagito vigorosamente nei confronti degli esponenti pericolosi, arrestandone alcuni. Il Kosovo non ha alcun centro di addestramento per jihadisti ma ci sono alcune persone che hanno raggiunto la Siria all’inizio della guerra. Dal 2014,quando abbiamo adottato la legge sul divieto ai cittadini del Kosovo di partecipare alle guerre straniere, nessun cittadino del Kosovo è andato in Siria. Penso che l’immagine del Kosovo come Paese radicalizzato, come presentato da alcuni media poco professionali o in seguito alla propaganda di Belgrado, sia molto dannoso e lontano dalla verità. Chiunque viene in Kosovo, vede per strada giovani ragazzi che appartengono a una unica cultura ossia quella europea.

 Fino a pochi anni fa le truppe internazionali – tra cui quelle italiane – erano costrette a sorvegliare i luoghi di culto ortodossi in Kosovo, come ad esempio, il monasteri di Decani. Possiamo dire che tutto questo ormai è alle spalle oppure no?

Da tanti anni, anzi sin dal periodo dell’amministrazione internazionale Unmik (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo), la maggior parte dei siti religiosi serbi, sono tutelati dalla polizia del Kosovo, che è maggiormente di etnia albanese. I dati ufficiali della polizia, ma anche delle organizzazioni che monitorano le relazioni interetniche in Kosovo, dimostrano che dopo l’indipendenza, non c’è stato nessun grave incidente in  questi siti. Abbiamo anche la chiesa illegale e politica, costruita ai tempi di Slobodan Milosevic nel cortile dell’Università di Pristina, che nessuno ha toccato finora, nonostante il fatto che tutta la società è contro di essa. Per quanto riguarda il monastero di Decani, esso continua ad essere tutelato dalla Kfor italiana, anche se la polizia del Kosovo ha mostrato la sua volontà per proteggerlo. Tuttavia, questo monastero è oggetto di alcuni processi giudiziari con i cittadini residenti riguardo al terreno che possiede e di tanto in tanto ci sono stati dei disaccordi. Lo Stato del Kosovo ha fornito la miglior possibile protezione legale, dichiarando aree protette le zone intorno ai monasteri serbi, che fanno parte della ricchezza del Kosovo.

 Potete assicurare che oggi il governo del Kosovo non è influenzato dagli estremisti islamici dell’Uck?

 In primo luogo, gli estremisti islamici non hanno nulla a che fare con l’Uck. L’Uck era un esercito del popolo del Kosovo che ha combattuto per la libertà e non ha avuto alcun rapporto con nessuna corrente religiosa interna o esterna. Il governo del Kosovo è laico e non si tratta di tali influenze.

 Cambiamo argomento e passiamo al futuro. Quali sono le nazioni con cui il Kosovo ha maggiore interscambio commerciale e quali sono le prospettive future di commercio?

 Il Kosovo ha rapporti commerciali con tutti i suoi vicini, inclusa la Serbia, con la quale non abbiamo buoni rapporti politici. Ha relazioni commerciali più intense con i Paesi dell’Unione Europea, compresa l’Italia, con la quale stiamo lavorando per intensificare queste relazioni. Per quanto riguarda il futuro, intendiamo entrare nell’Ue e vediamo il nostro futuro e l’economia proprio in questa grande famiglia. Attualmente abbiamo siglato l’accordo di stabilizzazione e di associazione, ci è stata data l’opportunità di far parte di molti programmi comunitari, abbiamo bisogno di più investitori stranieri, che a loro volta hanno bisogno di essere meglio informati e nel modo giusto sul Kosovo. Qui i media possono svolgere un ruolo positivo, rispecchiando il Kosovo di oggi il quale è un Paese normale con numerose buone opportunità di investimento, piuttosto che presentare un immagine del passato caratterizzato dalle guerre e dai conflitti. L’anno prossimo sono esattamente 20 anni dalla fine della guerra e il Kosovo ha avanzato.

 L’amministrazione Unmik e Nato prima o poi finirà. Quali sono le risorse economiche e commerciali sulle quali il suo Paese potrà contare per camminare con le proprie gambe e non dipendere dagli aiuti internazionali?

L’amministrazione dell’Unmik ha concluso la sua missione sin dalla dichiarazione di indipendenza e attualmente, anche se possiede un ufficio in Kosovo, non ha alcun potere esecutivo. Per quanto riguarda la Nato, essa continua a essere l’unica garante per la  sicurezza  del Kosovo, con una presenza ridotta di corpi militari dato che la situazione nella Regione è tranquilla. Il Kosovo ha un grande potenziale economico. È un Paese che ha ricche miniere, è tra i Paesi ricchi in Europa per la lignite, ha un grande potenziale per lo sviluppo dell’agricoltura e delle colture agricole ma anche per l’industria leggera e tessile. Attualmente, gli aiuti internazionali al Kosovo sono molto ridotti. L’ assistenza Ue e Usa, è principalmente focalizzata ai programmi della democratizzazione e del dominio della legge. Allo stesso modo, i singoli Paesi sostengono principalmente i programmi di formazione e investimenti per lo sviluppo economico. D’altro canto, il Kosovo rimane la missione dell’ Ue sul dominio della legge, Eulex, anch’essa finanziata dai fondi dell’Ue. Il Kosovo ha un budget molto limitato che non risponde alle esigenze di sviluppo e della popolazione, ma almeno è stabile in termini di debito sia interno che estero.

 Infine, una domanda sui reali sentimenti della popolazione kosovara. Secondo Lei, per il futuro la popolazione potrebbe valutare un’annessione all’Albania, magari con apposito referendum, oppure il progetto della cosiddetta Grande Albania è ormai superato? Le ricordo che nel 1999 nel centro di Tirana c’era un ufficio di arruolamenti dell’Uck. 

L’idea della grande Albania non è stato un progetto politico di questo secolo o del secolo scorso, ma a causa delle invasioni c’è stato un movimento per la protezione dei territori albanesi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. L’idea della grande Albania è una propaganda della Serbia allo scopo di compensare le loro ambizioni per la grande Serbia. È un progetto politico che i serbi hanno cercato di realizzare con violenza fino all’ultima guerra, cioè quella in Kosovo nel 1999, e ora con la creazione di conflitti congelati nella parte settentrionale del Kosovo e in qualche altro Paese della Regione. La lotta per la liberazione del Kosovo dalla Serbia è stata sostenuta in via naturale dall’intero popolo albanese in modi diversi in quanto si tratta dello stesso popolo.

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