Messina elegge il primo sindaco senza consiglieri: è Cateno De Luca
È Cateno De Luca il nuovo sindaco di Messina. Personaggio pittoresco e controverso, è noto al grande pubblico per una serie di clamorose proteste che lo hanno viso protagonista. L’ultima in piena campagna elettorale per le elezioni regionali del novembre scorso – era candidato con l’Udc – quando fu ristretto ai domiciliari per evasione fiscale. Per tutta risposta si autoimmortalò in mutande sul proprio profilo Fb.
Sconfitto il forzista Bramanti
Tre giorni dopo arrivò l’assoluzione per una precedente vicenda giudiziaria che lo vedeva accusato di abuso d’ufficio, falso e tentata concussione, per aver gestito gli appalti per la costruzione di un albergo, 16 villette e un muro di contenimento del torrente Fiumedinisi così da favorire le imprese edilizie della sua famiglia. Successivamente anche la misura degli arresti domiciliari fu revocata e commutata in un’interdizione a ricoprire ruoli apicali negli enti coinvolti nella presunta evasione fiscale. Il debutto da “spogliarellista” avviene nel 2007 in segno di protesta contro la decisione dell’allora presidente forzista Gianfranco Micciché di estrometterlo dalla commissione Bilancio. In quel caso De Luca usò la bandiera siciliana come pareo e restò con la coppola in testa e la Bibbia in mano. Il suo nome era, secondo la Commissione antimafia, tra gli “impresentabili”. Ora il riscatto, grazie a quel 65,28 per cento dei consensi con cui ha bruciato il suo sfidante Dino Bramanti, candidato del centrodestra fermo al 34,72 per cento.
De Luca è noto per le sue clamorose proteste
Una vittoria schiacciante che porterà De Luca in una condizione politico-amministrativa più unica che rara. Il neosindaco, infatti, non avrà dalla sua neppure un consigliere comunale: nessuna delle liste ha suo sostegno ha superato la soglia di sbarramento. I voti che ha raccolto sono in gran parte personali. Un esito facilitato anche dalle scelte degli avversari. Bramanti era infatti visto come una protesi del potentissimo Francantonio Genovese, già deputato del Pd, arrestato e condannato in primo grado a 11 anni per peculato e truffa, poi riciclato dal Micciché attraverso la candidatura del figlio Luigi alle scorse regionali. Segno che, a volte, anche nel profondo Sud il trasformismo non paga.