Libia, Salvini non indietreggia sugli hotspot: «Niente centri in Italia»
La missione di Salvini in Libia minuto per minuto su Twitter. Dal suo account social il ministro dell’Interno annuncia la partenza per Tripoli – dove ha incontrato il suo omologo libico Abdulsalam Ashour oltre al presidente del Consiglio presidenziale libico Fayez al Serraje – e riassume il contenuto dell’incontro che, si capisce subito, non è uno dei tanti summit istituzionali con il Paese snodo nevralgico e punto di partenza da cui ha origine il problema dei flussi migratori. «Missione #Libia, si parte!» postava in mattinata il vicepremier leghista. E «aspetto al più presto il ministro Ashour a Roma», ha concluso a suon di hashtag il titolare del Viminale. E tra il primo e l’ultimo Tw, l’impegno a rinegoziare e ridefinire su nuove premesse – che ci si augura decisamente risolutive – una più stretta collaborazione per contrastare l’annoso fenomeno dell’immigrazione illegale.
Salvini in missione in Libia: il nodo degli hotspot
E allora, il confronto a tutto campo sul tema del flussi migratori che coinvolge Italia e Libia non poteva che affrontare la questione hotspot dell’accoglienza: il punto da definire era, dove collocarli strategicamente? «Fissarli in Italia sarebbe un problema per noi e per la Libia stessa, perché i flussi della morte non verrebbero interrotti. Per questo – ha spiegato Salvini in un tweet – noi abbiamo proposto centri di accoglienza posti ai confini a Sud della Libia per evitare che anche Tripoli diventi un imbuto». Ma Tripoli ha detto no, nonostante Salvini abbia ribadito a più riprese come «la Libia sia un paese amico dell’Italia», e garantito una proficua collaborazione, in modo da favorire un’opportunità di sviluppo. «Saremo vicini alle autorità libiche anche con i necessari supporti tecnici ed economici per garantire insieme la sicurezza nel Mediterraneo e rafforzare la cooperazione investigativa e più in generale la collaborazione in tema di sicurezza», ha rilanciato Salvini. Ma sugli hotspot la Libia è rimasta ferma sulla sua risoluzione: «Rifiutiamo categoricamente la presenza di campi per migranti in Libia. Questo non è accettato dai libici né è consentito dalla legge libica», ha dichiarato il vice premier libico, Ahmed Maitig. Di contro, però, ha sostenuto a sua volta il numero uno del Viminale, gli hotspot dell’accoglienza in Italia non risanerebbero il problema dei flussi della morte, che non verrebbero interrotti.
Salvini a Tripoli: «L’Italia intende giocare un ruolo centrale in Libia»
Nonostante le discrepanze e gli ostacoli giuridici interni, dunque, Tripoli ha garantito collaborazione. A quanto ridefinito e confermato da Salvini, del resto, «l’Italia intende giocare un ruolo centrale in Libia per sostenere la riconciliazione e la stabilità, costruendo sulla sua esperienza unica, la credibilità con tutte le parti, la presenza ed il lavoro quotidiano attraverso l’ambasciata a Tripoli». E allora, in presenza dell’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Perrone, di alcuni funzionari del governo italiano, del ministro degli Esteri del governo di concordia nazionale libico Mohammed Siala, di quello dell’Interno Abdul Salam Ashour, del suo vice Mohammed al-Marhani, del comandante della Guarda costiera libica Abdullah Toumia e del capo dell’apparato per la lotta all’immigrazione irregolare Mohammad Bishr, la riunione ha preso in esame «le vie per sviluppare la cooperazione multi-settoriale, a partire dalla lotta all’immigrazione irregolare e alle reti del traffico di esseri umani», come si legge tra l’altro anche in un comunicato dell’ufficio stampa di Serraj pubblicato su Facebook. Tutti al lavoro per raggiungere un unico, prioritario obiettivo, concordato a tavolino e da rendere operativo subito: «Rafforzare la cooperazione sul fronte industriale, commerciale, energetico, culturale, sanitario, turistico e incrementare quel rapporto privilegiato che esiste tra Italia e Libia su tutte le sponde del Mediterraneo, tutto a partire dalla comune risoluzione a contrastare il fenomeno dell’immigrazione selvaggia che, ha rimarcato emblematicamente Salvini, «stiamo subendo entrambi»…
Potrebbero, i libici, voler dialogare con l’Europa e non solo con lo “staterello” che sta di fronte a loro: potrebbe diventare più remunerativo… Allora diceva bene il M.S.I. quasi trent’anni fa, di aiutarli a casa loro, come ripreso da qualche prepuzio giorni fa: allora sarebbe servito, oggi siamo invasi ed in colpevole ritardo. Sempre che non convenga…