Latina, maxi blitz contro la mafia rom: 250 agenti per 20 arresti e 45 capi d’accusa
È partito alle prime luci dell’alba il maxi blitz della polizia Polizia di Stato di Latina, che su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha eseguito le misure cautelari nei confronti di oltre 20 persone, appartenenti ad un pericoloso clan criminale rom operante nel quartiere Campo Boario della città laziale, poiché ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, violenza privata, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reati elettorali, tutti aggravati dalle modalità mafiose.
Latina, maxi blitz della polizia contro la mafia rom
Numeri d’eccezione, quelli che hanno caratterizzato il maxi blitz, con oltre 250 agenti della Polizia di Stato impegnati. Del resto, per la prima volta in territorio pontino viene riconosciuta l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona, non legata a gruppi criminali siciliani, calabresi o campani. Gli autori delle numerose estorsioni, effettuate con metodi particolarmente violenti e vessatori, come avviene nelle mafie tradizionali, spendevano sempre il nome dei Di Silvio per amplificare il potere di intimidazione, ovvero il riferimento alla destinazione del denaro richiesto al sostentamento dei carcerati e delle loro famiglie, o ancora richiamando episodi cruenti risalenti alla guerra criminale del 2010, quando le famiglie rom si imposero sui altri gruppi criminali. Tra i soggetti destinatari della misura cautelare vi sono allora ben 7 donne, una delle quali figura tra i vertici del numeroso clan. E non è ancora tutto: nel provvedimento cautelare vengono contestati anche reati elettorali previsti dal Codice Antimafia.
L’operazione “Alba Pontina”: 250 agenti, 25 arresti, 45 capi d’imputazione
Tutto acclarato e culminato nel blitz di questa mattina ribattezzato operazione “Alba Pontina”, arrivato dopo due anni di serrate indagini, che hanno portato a 25 arresti, in carcere e ai domiciliari, con ben oltre 45 capi di imputazione, tra cui associazione mafiosa. Un’irruzione lampo eseguita grazie all’impegno di 250 agenti della Polizia di Stato che con questa indagine ha scoperchiato un’organizzazione criminale mafiosa autoctona rom nel territorio della città di Latina, guidata da Armando Di Silvio. «Il risultato delle indagini e dell’operazione di stanotte è estremamente significativo ed importante – ha detto il procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino, durante la conferenza stampa al Viminale – che testimonia l’attenzione della Dda di Roma, che ha competenza in tutta la Regione Lazio, nei confronti del territorio di Latina e del sud pontino, da sempre considerato territorio critico, permeabile e nel quale si sono insediati nuclei e cellule criminali di stampo mafioso, con una di queste riuscita a spuntarla su tutti».
L’egemonia del clan Di Silvio sul territorio
E ancora. «Fino ad ora ci siamo misurati con gruppi criminali, per così dire, tradizionali: propaggini di ‘ndrangheta e camorra, ma ora c’è una sorta di salto di qualità, tanto che ci siamo trovati davanti ad un gruppo del tutto autoctono – ha quindi continuato a spiegare Prestipino – insediato da tempo nel territorio di Latina, creatosi a partire dal 2010 dopo una sanguinosa guerra tra diversi gruppi e quello dei Di Silvio ne è uscito vincitore, ottenendo così l’egemonia totale del territorio. Un’organizzazione con una grande capacità di penetrazione nel territorio e di controllo – ha aggiunto Prestipino – grazie alla grande forza intimidatoria data anche solo dal nome Di Silvio. Una forza che ha determinato una forte omertà, data dalla paura, tra i cittadini e le vittime di estorsioni, atti intimidatori o altro. Tanto che per la prima volta sono stati sottoposti ad estorsione anche professionisti, in particolare avvocati del foro di Latina. Questi hanno avvertiti i propri organi di rappresentanza, l’ordine degli avvocati, ed hanno collaborato alle indagini per smantellare tale organizzazione». E così, a valanga, dalle indagini – come evidenziato ancora da Prestipino – «sono emersi una serie di reati in materia elettorale compiuti dal gruppo stesso e da soggetti che gravitavano intorno allo stesso. Reati sia di non particolare gravità, possiamo dire di manovalanza spicciola come l’attacchinaggio di poster elettorali, fino ad una vera opera di compravendita di voti. Voti che avevano un costo di circa 30 euro».
Ecco come il clan cercò di inquinare il voto
Bastavano 30 euro per fare la differenza: con trenta euro a preferenza, infatti, il clan dei Di Silvio cercò di influenzare il voto nelle elezioni amministrative del 2016 nei comuni di Latina e Terracina. Dalle indagini, illustrate oggi in una conferenza stampa a Roma, sono emersi casi di compravendita di voti: gli esponenti del clan avrebbero costretto dei tossicodipendenti a dare la propria preferenza in favore di alcuni candidati (poi non eletti) alle comunali di Latina ricevendo in cambio circa 30 euro a voto. Una delle tante follie criminali ordite dal nutrito clan.
Tanto fra poco troveremo l’anima bella della sinistra anti italiana che li difenderà.
pena di morte !