La Roma sotterranea restituisce una “perla”, la tomba dell’Atleta a Case Rosse

1 Giu 2018 15:45 - di Redazione

A Roma per ricevere buone notizie dobbiamo attendere gli scavi archologici, che non smentiscono e prima o poi  restituiscono buone notizie e infatti la Città Eterna restituisce un’altra meraviglia nascosta. Nel corso dei lavori di archeologia preventiva per il raddoppio dell’acquedotto Castell’Arcione-Salone, nella zona Case Rosse, è tornata alla luce la tomba dell’Atleta risalente all’epoca repubblicana. «La sepoltura scoperta a Roma in località Case Rosse in un cantiere Acea – ha spiegato il soprintendente Francesco Prosperetti – restituisce un prezioso contesto, praticamente intatto, risalente alla prima età repubblicana. Ancora una volta le aree periferiche della città ci riservano una incredibile sorpresa: una tomba del IV secolo a.C., che abbiamo chiamato dell’Atleta per la presenza di due strigili, attrezzi che si usavano per detergere grasso e sudore dopo l’attività fisi c a. Un corredo funerario perfettamente integro, comprese le offerte in cibo, pollo, coniglio, agnello o capretto. Tutto questo materiale consentirà uno studio approfondito sui riti e le usanze dell’Ager. Rimane da capire come sarà possibile la valorizzazione di questa scoperta, ora che Soprintendenze e Musei di territorio sono separati», ha evidenziato Prosperetti.

 La tomba è ancora inviolata e nel corso dei secoli vi è penetrata una limitatissima quantità di terra. Gli archeologi hanno verificato un ottimo stato di conservazione che ha permesso alla tomba di restare praticamente intatta. La sepoltura è composta da una camera, scavata a una profondità di circa 2 metri sotto l’attuale piano di campagna e ospita 4 inumazioni, avvenute in momenti differenti. Il vano ipogeo, completamente scavato nel banco tufaceo caratteristico della zona, presenta una larghezza di circa 2,50 metri, una lunghezza di 3,30 metri e una altezza di 1,75 metri. Alla camera sepolcrale si accedeva attraverso un pozzo lungo 2 metri e largo 1, dotato di gradini appena sbozzati; la chiusura del vano era realizzata con una lastra di calcare bianco e pietrame di tufo. I lati lunghi del vano ipogeo sono caratterizzati dalla presenza di inumazioni di due uomini adulti deposti su banconi realizzati nella nuda pietra -a una prima analisi appaiono morti uno all’età di circa 50 anni e l’altro a circa 30-39 anni.

Insieme ai resti ossei scarsamente conservati a causa dell’elevato grado di acidità del terreno di origine vulcanica, sono stati identificati circa 25 elementi di corredo perlopiù in ceramica, eccezion fatta per due strigili in ferro (con cui all’epoca gli atleti erano soliti detergersi dopo le attività fisiche, di qui il nome di Tomba dell’Atleta o degli strigili) e per una moneta in lega di bronzo, con la raffigurazione della testa elmata di Minerva sul diritto, e una testa equina con la scritta ‘romano’ sul rovescio, databile fra il 335 e il 312 a.C. Il vasellame appartiene quasi nella totalità alla ceramica detta ‘a vernice nera’, e alcuni pezzi presentano tracce ancora vivide di una decorazione bianca a motivi geometrici e vegetali. All’interno di due piatti (detti ‘piatti di pesce’) e di due coppe sono stati identificati i resti delle offerte alimentari che furono parte integrante dei riti funerari: è stato possibile riconoscere ossa di un coniglio e di un capretto o agnello. Sul fondo del vano sono stati identificati i resti ossei di altri due individui: un uomo e una donna, dotati di ulteriori 5 elementi di corredo, tutti in terra cotta –lui presumibilmente morto tra i 35 e i 45 anni, lei di età indefinita.

In base a uno studio preliminare dei reperti è possibile collocare la sepoltura tra il IV e il III secolo a.C. Il ritrovamento di sepolture a camera restituisce in genere tombe svuotate dei loro corredi funerari e spesso riutilizzate in vario modo nelle epoche successive. Il caso della Tomba dell’Atleta o degli strigili si rivela eccezionale per l’integrità in cui è stata ritrovata e per l’ottimo stato dei reperti in essa contenuti. Va inoltre sottolineato come una zona lontana dal centro della Capitale riservi ancora una volta nuove e sorprendenti scoperte.

Prima della rimozione dei reperti archeologici, è stato effettuato un rilevamento con laser scanner, funzionale a una ricostruzione in tre dimensioni della sepoltura, mentre i materiali e le informazioni raccolte durante lo scavo saranno oggetto di uno studio approfondito da parte della Soprintendenza nei prossimi mesi. I lavori del raddoppio dell’acquedotto sono svolti da Acea Elabori. Il direttore dei lavori è Fabio Pompei con la direzione scientifica dell’archeologo Stefano Musco della Soprintendenza Speciale di Roma Archeologia Belle Arti e Paesaggio e la collaborazione sul campo dell’archeologo Fabio Turchetta.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Laura Prosperini 1 Giugno 2018

    che meraviglia!!!!