Fioravanti in aula: la strage non l’ho fatta. Mia moglie Francesca? Una donna coerente (video)
“Sono innocente, non l’ho fatto, ma mi hanno condannato”. Così Valerio Fioravanti, ex Nar, a proposito della strage di Bologna. Oggi in aula, presso l’aula 11 del tribunale di Bologna, nella Corte d’assise presieduta da Michele Leoni, è stato sentito come testimone al processo che vede imputato Gilberto Cavallini per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Strage per la quale Fioravanti è stato condannato in via definitiva come esecutore materiale, così come Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, sentiti nelle udienze precedenti.
Il gruppo terroristico di cui faceva parte, spiega Fioravanti, si era “dedicato alla vendetta, che è un surrogato più simile alla giustizia quando non hai nulla”. Comunque, ha precisato, “non facevamo solo azioni negative, ma anche positive: uccidevamo qualche nemico, ma aiutavamo anche qualche amico, per non essere dei neri giustizieri”. “Quando – ha aggiunto – decidemmo di ‘alzare il livello dello scontro’, per usare un’espressione tipica dei brigatisti, non avevamo il progetto politico di costruire una nuova Italia. La nostra era un politica per resistere alle botte che prendevamo e ai morti che subivamo“.
Fioravanti ha anche parlato della moglie Francesca Mambro: “Francesca è stata condannata a otto ergastoli, ma non vi siete accorti, dalle sentenze, che non ha mai sparato”. “Si è assunta le sue responsabilità – ha aggiunto Fioravanti – è stata un capo dei Nar”, una donna “coraggiosa e coerente, al contrario di tanti altri che si definiscono capi, ma che poi hanno sempre negato di aver commesso omicidi. Francesca al contrario si è assunta la responsabilità morale e politica di molti omicidi”.