Derivati, la Corte dei Conti salva Morgan Stanley e i vertici del Tesoro

15 Giu 2018 17:13 - di Paolo Lami

«Difetto di giurisdizione». E’ con questa frase che la Corte dei Conti mette una pietra tombale sulla vicenda dei derivati, per la quale la Procura contabile del Lazio contestava un danno erariale di circa 3,9 miliardi alla banca d’affari americana Morgan Stanley e ai massimi dirigenti del Tesoro, compresi gli ex-ministri Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco, l’ex-dirigente del debito pubblico Maria Cannata e Vincenzo La Via, attuale Direttore generale, per i contratti chiusi a fine 2011, oggetto, secondo le accuse, di una mala gestio del debito pubblico italiano.

La sentenza chiude, definitivamente, il caso. In definitiva, secondo la decisione dei giudici amministrativi, i contratti derivati stipulati dal Tesoro, costati oltre 3 miliardi di euro alle casse pubbliche, erano legittimi.

Durissime le accuse di «negligenza» e «imperizia» che il sostituto procuratore presso la Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti, Massimiliano Minerva aveva scagliato, nel corso della sua requisitoria, contro i massimi vertici del Mef, definito «inerte».
Nel mirino del magistrato c’era l’inserimento, nel contratto stipulato con Morgan Stanley, di una specifica clausola di uscita anticipata dai derivati, l’Ate, l’additional termination event, e del pagamento all’Istituto di 3,1 miliardi di euro. Il denaro venne versato dallo Stato italiano, fra il 2011 e il 2012, alla Banca d’affari americana per chiudere quattro contratti derivati e rinegoziare due coperture sulle valute.

Secondo la Procura della Corte dei conti del Lazio, la Morgan Stanley sarebbe stata responsabile del 70 per cento dei danni causati all’Italia, mentre il restante 30 per cento della responsabilità erariale sarebbe stata in capo per un miliardo di euro di danno erariale all’ex-dirigente del debito pubblico Maria Cannata, oggi in pensione, e per il resto al suo predecessore, l’attuale Direttore Generale, Vincenzo La Via, e agli ex-direttori del Tesoro, Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli.
La vicenda aveva un risvolto ancora più spinoso reso tale dal doppio ruolo che Morgan Stanley rivestiva: da un lato rappresentava lo “specialist” del Tesoro, cioè colei che doveva garantire il buon funzionamento delle aste e che, insieme al Tesoro, gestisce il debito pubblico italiano, dall’altro era la controparte sui derivati. Un’ambiguità aggravata dal fatto che quei contratti sottoscritti dal Tesoro, e definiti «speculativi» dai magistrati contabili della Procura del Lazio, erano una sorta di capestro: erano le banche ad attivarli strozzando l’Italia.
Un episodio la dice lunga: per una commissione di 47 milioni di euro del 2004, Morgan Stanley ha incassato, nel 2012, un miliardo di euro su un solo derivato.

Commenti

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  • Pino1° 15 Giugno 2018

    In Italia troppi conti accomodanti che fanno i contadini dei loro orti !!!!
    Incominciare a togliere liquidazioni e pensioni noooo ?
    Sarebbe meglio di si !!!!

  • Massimilianodi SaintJust 15 Giugno 2018

    ecco perchè il debito pubblico aumenta senza spiegazioni. In altro quotidiano è scritto che i costi di questi derivati ammontano a 37 miliardi. Solo specialisti di lauree magistrali di banche e finanza capiscono di queste trappole, non certo funzionari con vecchie lauree! Occorre uno svecchiamento in posti di così elevata responsabilità, con tanti squali in giro!

  • Laura Prosperini 15 Giugno 2018

    E’ INAUDITO
    le banche d’affari straniere possono fare mattanze inenarrabili in Italia senza che nessuno le intralci
    e poi ci lamentiamo della poca considerazione che l’elettorato tutto ha dei politici???
    Fate nomine serie alla Corte dei Conti, via i vecchi, espressione del pd e dei liberisti è necessario un corso nuovo e opposto!!!
    Speriamop si possa fare a breve giro…
    Sono molto ma molto delusa dalla mollezza dell’italia