Almirante fu onorato dalla Nazione, ma la Raggi ignora la storia italiana
Da Massimiliano Mazzanti riceviamo e volentieri pubblichiamo
Caro direttore,
la Repubblica – non la “prima”, la “seconda” e tanto meno la “terza”, ma la Repubblica italiana – ha una propria etichetta, dei cerimoniali codificati, alcuni che potremmo definire veri e propri “riti laici” che contribuiscono a formare e a radicare la coscienza collettiva e costituiscono, de facto, il patrimonio civile della Nazione. Quando morirono Giorgio Almirante e Pino Romualdi – pare che molti se lo siano scordati o facciano finta di non saperlo, eccezion fatta per Virginia Raggi, la quale certamente non conserva né memoria né cultura di ciò. Colpevolmente – la Repubblica, cioè lo Stato in tutte le sue più alte e rappresentative istituzioni ritennero i due leader missini degni dei massimi onori. Sono passati ormai trent’anni, ma è ancor fresco il ricordo del presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che si precipita al capezzale, omaggia il feretro e conforta Donna Assunta e i familiari presenti negli ultimi istanti di vita di Giorgio Almirante. E il capo dello Stato non agisce mai “a titolo personale”, ma sempre e solo a nome della comunità nazionale. Quindi, ad Almirante rese onore l’Italia, per tramite di quella personale che unica e sola ha l’onore di rappresentarla unita nella sua interezza. A ribadire il concetto, la presenza dei corazzieri al funerale. Non solo, ovviamente. Quel triste giorno, c’era anche la città di Roma, non solo nel gonfalone della Capitale d’Italia, ma nella figura di Nicola Signorello, il quale, oggi, al cospetto dell’attuale erede, appare un gigante delle istituzioni capitoline.
Addirittura, c’era l’Europa, con le rappresentanze ufficiali e più alte delle istituzioni comunitarie. Absit iniura verbis: c’era anche l’Antifascismo, ai funerali di Almirante e Romualdi. Un Antifascismo ben più autentico e accreditato, pensando alla Raggi o agli Emanuele Fiano, incarnato dal presidente della Camera dei deputati, Nilde Iotti, la quale era anche, appunto, per completare il quadro, la rappresentante più alta dell’esercizio della “sovranità nazionale”, e da Giancarlo Pajetta che della Resistenza, di quella poca vera Resistenza, era stato uno degli interpreti più genuini. Si potrebbe riempire una pagina, elencando solo per cognome tutti coloro che non mancarono di salutare Almirante e Romualdi a nome delle rispettive comunità politiche e delle istituzioni in ricoprivano altissimi incarichi. È sufficiente, però, aggiungere che la Rai, la televisione dello Stato, decise con una diretta di quasi due ore di permettere all’intero popolo italiano di unirsi ai cento, duecentomila di piazza Navona. Invito raccolto da tanti, tantissimi milioni di telespettatori. E dev’essere chiaro che sono tutte queste personalità e tutti questi milioni di italiani che la signorina Raggi – insieme a qualche nostalgico dell’odio – oggi insulta gratuitamente, manifestando solo ignoranza e mancanza di rispetto per ciò che la Repubblica ha sancito per significativo sul piano civile, prima ancora che storico. Ed è quella che i greci definivano “ubris” – tracotanza – che la Raggi manifesta, permettendosi, senza alcun titolo istituzionale, culturale, politico e umano, di smentire con un suo “flautus vocis” ciò che la Nazione con note altissime ha decantato il 24 maggio 1988. Perché non bisogna nemmeno dimenticare che, se le date della morte di Almirante e Romualdi appartengono ai mesti ricordi della comunità missina, il loro incancellabile ricordo è stato cristallizzato tra le memorie importanti del giorno più sacro nel calendario P
1 a 0 per macron, che facciamo, attacchiamo forte per pareggiare e eventualmente tentare di vincire o ci chiudiamo, impauriti in difesa perchè il minimo scarto è onorevole?
Riprendiamoci la Libia o meglio la possibilità d’imporre noi la tregua, siamo più bravi, competenti e vicini alla Libia di quanto non lo sia macron rotschild