Tumore, è Sos assistenza domiciliare: troppe disparità nelle terapie

21 Mag 2018 14:55 - di Redazione

Quasi tre milioni di persone vivono in Italia con una diagnosi di cancro. E si trovano a fare i conti con un’assistenza a più velocità, in base al Cap di residenza. Una delle più gravi emergenze, rilevate nel X Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, riguarda la disponibilità e l’accesso alle cure palliative: il sistema «è a macchia di leopardo. E si registra ancora un tasso di decessi in ospedale troppo elevato», sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente della Favo (Federazione italiana delle Associazioni di volontariato in oncologia).

Tumore, il rapporto sull’assistenza domiciliare

Ogni anno in Italia 183mila nuovi casi di tumore sono diagnosticati a persone che hanno oltre settant’anni. E il 60% dei 3 milioni di malati o lungoviventi oncologici è formato da ultrasessantenni. Si tratta «di numeri da vera e propria emergenza sociale, che rendono evidente la centralità dell’assistenza domiciliare per le cure palliative», insiste De Lorenzo. La spesa ospedaliera inefficace potrebbe essere evitata grazie all’attivazione di una rete integrata di assistenza in grado di intercettare tempestivamente il bisogno del malato cronico in fase avanzata, e fornire un’adeguata risposta al domicilio del paziente. Ma «nonostante l’evidenza scientifica dei vantaggi che deriverebbero dalla diffusione omogenea delle cure palliative, negli ultimi dieci anni non si è ridotta la percentuale di malati oncologici che può rimanere a casa propria fino all’ultimo giorno. Eppure il 70% dei malati di cancro vorrebbe morire tra le mura domestiche.

Offerta frammentata

Il rapporto punta il dito su un’offerta eccessivamente frammentata, che varia non soltanto da regione a regione, ma addirittura da provincia a provincia. Eppure, dal 2010, l’Italia può contare sulla legge 38, sulle “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, che ha fornito una solida base per la costruzione delle reti e l’erogazione di servizi in modo omogeneo su tutto il territorio. Ma le rilevazioni mostrano «un panorama di gravissima insufficienza e di intollerabile disparità territoriale: è la residenza, infatti, a determinare l’accesso alle cure palliative e non una efficace programmazione, né tanto meno un’adeguata organizzazione dei servizi», afferma De Lorenzo.

Le cure palliative

Il volontariato oncologico, insieme all’Associazione italiana oncologia medica (Aiom), alla Federazione Cure Palliative Onlus, al mondo del no profit, non si limita a lanciare un allarme, ma «si impegnerà affinché la disuguaglianza non comprometta la dignità degli ultimi momenti di vita dei pazienti, alimentando il dibattito sulle cure palliative, contribuendo a tenere alta l’attenzione su questo tema e promuovendo iniziative specifiche di lobbying ed advocacy», promette la Favo.

 

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