Savona diversamente europeista: ecco le sue idee per la riforma dell’Ue
È affrettato e superficiale dipingere Paolo Savona come un euroscettico nemico dell’Ue. Le critiche dello studioso in predicato di diventare ministro dell’Economia esprimono un altro modo di intendere l’Unione europea, non già la sua messa in liquidazione. Dopo le polemiche suscitate ieri dall’anticipazione del suo nuovo libro, la pubblicazione di un articolo di Savona sulla rivista Le Sfide della Fondazione Craxi consente di avere un quadro più completo e articolato delle idee dell’economista in materia di Europa. «L’Europa è affetta da “zoppia“», scrive Savona. Alla «costruzione europea è mancato un lato del triangolo istituzionale necessario, quello di garantire la crescita del reddito e dell’occupazione reale e una loro equa distribuzione». «Avere accettato la zoppia» di un’Unione monetaria senza un’Unione politica «fu un errore storico commesso dai gruppi dirigenti – osserva Savona – sia di quelli che hanno aderito con poca meditazione al mercato unico e agito con troppa precipitazione per entrare nell’euro, sia di quell che hanno ritenuto di partecipare ad un’Europa come soluzione ai problemi interni del Paese».
Savona punta l’indice contro Francia e Germania. «Il consueto atteggiamento della Germania, sorretto da quello francese, impedì di dare all’architettura istituzionale dell’Unione europea la sostanza necessaria per attuare il solenne impegno della crescita materiale e civile del Vecchio Continente». Da qui secondo Savona la progressiva disaffezione dell’opinione pubblica verso l’Ue. «Siamo infatti lontani dall’affrontare la questione europea, anzi – incalza – si rafforzano vincoli che alimentano le proteste della popolazione verso l’Ue e l’euro».
In uno scenario dominato per lo più da analisti che sostengono l’euro «anche a costo di una crisi irreversibile perché fuori sarebbe anche peggio», Savona rileva come vi sia anche un «mondo di mezzo, inascoltato» che indica la riforma dell’architettura europea volta, tra gli altri aspetti a rivedere i modi di assolvimento dei compiti fiscali, ampliare lo statuto della Bce assegnandogli obiettivi di crescita o per stabilire le regole di burden sharing sui flussi migratori.
Interventi lungo i quali tracciare, secondo l’economista già ministro dell’Industria nel 1993 nel governo Ciampi, nuove politiche economiche: dagli investimenti all’emissione di eurobond, ma anche politiche per ridurre gli alti debiti in cambio del pareggio strutturale e piani di rimborso con «durata e costi adeguati» o «deficit di breve periodo in funzione della presenza di avanzi di bilancia estera corrente del paese che li attua».