Lo spread sale per colpa di M5S e Lega? Una mezza bufala che piace alla Ue

16 Mag 2018 16:15 - di Luca Maurelli

“L’incertezza politica nel dopo elezioni insieme alla fine della politica accomodante da parte della Bce potrebbero avere conseguenze molto pesanti per l’Italia e tra il 2018 e il 2020 il nostro paese potrebbe nuovamente vivere un altro shock da spread come successo nel 2011 e pagare un conto salatissimo, sui 21,7 miliardi  di euro. A lanciare l’allarme non sono i soliti cospirazionisti bensì  l’UBP, l’Ufficio parlamentare di bilancio con la nota di lavoro Il modello UPB di analisi e previsione della spesa per interessi….”, scriveva il Wall Strett Journal Italia. Scriveva, perché eravamo a fine 2017, a quei tempi Di Maio e Salvini neanche si salutavano alla buvette della Camera e certo non pensavano di chiedere la cancellazione di una parte del debito pubblico.

spread

A gennaio 2018, come mostra chiaramente il grafico (tratto dal sito Finanza on line), lo spread s’impennò fino a toccare quota 160. In quel periodo di Lega e Cinquestelle al governo non si parlava, a Palazzo Chigi c’era il rassicurante Paolo Gentiloni e le elezioni erano ancora lontane. Quello spread, che allora si impennava sulle voci di un possibile disinnesco del “quantitative easing” della Bce di Draghi, si è tenuto costante in questi mesi di incertezza politica intorno ai 130 senza che nessuno gridasse alla “paura e alla fibrillazione dei mercati”, ma facendo riferimento solo al bazooka della Bce forse in via di spegnimento e ai pericoli dell’inflazione.

Oggi che il differenziale tra il tasso d’interesse tra Italia e Germania torna a toccare quota 150, tutti i giornali lanciano l’allarme giallo-verde: “I mercati sono allarmati dal contratto di programma dei due partiti”. Con la Ue, e  la Bce (che regola con l’acquisto dei titoli di Stato l’andamento dello stesso spread) per nulla interessati a tranquillizzare i mercati, anzi, forse godendone un po’. Come già era accaduto ai tempi del governo Berlusconi quando si volle dare la colpa delle fiammate dello spread al governo di centrodestra, salvo poi scoprire che  i miracolosi interventi di Mario Monti avevano dietro l’aiutino, anzi, aiutone della Banca Centrale europea. Che da sempre gestisce le sorti di quel differenziale che tanto spaventerebbe i mercati oggi, poverini.

Guardate ancora il grafico: si parla di uno spread mai così alto da cinque mesi, ma non è così, basta vedere i picchi di febbraio e marzo. In più tutte le analisi, fino ad oggi, partivano da un allarme sui mercati originato dall’incertezza politica, dalle elezioni e dalla difficoltà di formare un governo,  non dal tipo di governo in cantiere. L’incertezza penalizza lo spread, e quindi i nostri tassi e di conseguenza i nostri mutui. E’ chiaro che ai mercati piacerebbe molto un’ipotesi tecnica “lacrime e sangue” per gli italiani, così come piacerebbe all’Europa della Merkel. Ma se lo spread dovesse rialzarsi ancora con un eventuale governo giallo-verde anti-Europa e anti-banche, Draghi lo terrebbe a bada come fece nell’era Monti e come ha fatto negli ultimi anni, perfino con Gentiloni?

A proposito, la Borsa oggi crollerebbe per effetto del M5S-Lega, secondo i giornali. Ma anche qui basterebbe guardare il grafico dell’ultimo mese per capire che nell’andamento positivo di inizio 2018 non sono mancate le montagne russe prima delle possibili intese giallo-verde. L’8 maggio scorso, per esempio, era stata una seduta nera per Piazza Affari. E quel giorno si parlava di tecnici…

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