“Troppo grassa”. Dietro la morte di Beatrice lo spettro del bullismo

8 Apr 2018 18:36 - di Redazione

Ci sarebbe lo spettro del bullismo dietro la morte di Beatrice Inguì, la 15enne morta il 3 aprile alla stazione di Torino Porta Susa, travolta da un treno. In un primo momento si era parlato di una fatalità, di un incidente per distrazione. Dalle ultime immagini della stazione Beatrice si sarebbe lasciata travolgere. E sul diario dell’adolescente piemontese, ci sarebbero degli indizi importanti: “Sono troppo grassa”, aveva lasciato scritto la giovane.

Il video proverebbe l’intenzione di Beatrice di gettarsi

Tutte le mattine lo stesso percorso. Da Torino saliva sul treno diretto a Vercelli per andare a scuola. Direzione: il liceo musicale “Lagrangia”, dove studiava da un paio d’anni. «Era mia allieva da due anni, la ricordo come una ragazzina molto dolce anche se ancora non riesco a parlare al passato, quello che è successo mi pare impossibile» ha detto Massimo Brusa, insegnante di matematica del liceo musicale Lagrangia di Vercelli. «Ogni mattina – racconta ancora l’insegnante – insieme ad altri ragazzi provenienti da Torino e provincia prendeva il treno per venire a Vercelli a frequentare il nostro liceo. Erano sempre in gruppo e si facevano compagnia sia lungo in viaggio, sia nel percorso che dalla stazione porta alla scuola».

Un’amica di Beatrice: “È morta per l’ignoranza altrui”

La tragedia si è consumata mercoledì mattina sul binario 4 della stazione di Torino Porta Susa. Erano passate da poco dopo le 7 quando la giovane, che stava aspettando il treno per andare a scuola, secondo una prima ricostruzione sarebbe inciampata finendo sui binari dove stava arrivando il regionale che l’ha travolta. Rimasta incastrata sotto il convoglio, la 15enne è morta durante il trasporto in ospedale. Ma le immagini mostrano l’intenzionalità della giovane nel gesto. Una amica di Beatrice Inguì, Nadia, è convinta che la giovane di Rivoli si sia tolta la vita per le sofferenze e il disagio provocato dall’obesità. Nadia e Beatrice, riporta Repubblica che intervista la giovane, si sono conosciute in una clinica di Piancavallo che cura le persone in sovrappeso. «Mi hanno detto che c’era stato un incidente, ma ho subito capito che non era così. Credevo di essere riuscita a insegnare a Bea qual è la strada della felicità, ma mi ero illusa. E pensare che bastava poco per aiutarla: non si può morire per l’ignoranza altrui. L’obesità è una malattia ma non è vista come tale», spiega Nadia.

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