Tecnologia finanziaria, nessuno vuole stare in Italia: la burocrazia fa paura

16 Apr 2018 17:12 - di Enea Franza

Riceviamo e pubblichiamo.

Il 12 aprile scorso si è tenuto a Milano, il più importante incontro italiano in materia di tecnologia finanziaria e blockchain, il “Fintech & Blockchain Forum”. Erano presenti all’evento tante persone paganti, e le reti televisive nazionali, la stampa italiana ed estera, a sottolineare l’importanza crescente di un fenomeno che oramai è entrato con prepotenza nelle nostre vite. Tra gli sponsor dell’iniziativa le principali società del settore: XRIBA, ONE4, BAASOX, ICONIUM, SOLUZIONE TASSE,ROMI, LUXOCHAIN, ICO BOSTER , NOKU E COINGROWD, società che, se al grande pubblico non dicono molto, si caratterizzano per essere il fiore all’occhiello della tecnologia in materia di blockchain. La blockchain è un database distribuito, una sorta di grande libro mastro su cui sono registrati tutti i dati, un registro accessibile a tutti ed in grado di memorizzare dati o transazioni tra due parti, in modo pubblico, permanente e non modificabile, verificabile, e soprattutto senza mediazione. I dati, contenuti in un database, sono radunati in blocchi e condivisi in tempo reale con gli altri nodi della rete dove ciascun nodo riceve e convalida i dati attraverso complesse procedure di verifica crittografica; i blocchi di dati validi sono quindi archiviati in ciascun nodo, concatenandosi ai blocchi precedenti, da cui l’espressione blockchain.

Le società presenti all’evento milanese, vantano un volume da far invidia ad una media impresa manifatturiera, ma non hanno impianti, né capannoni, né tantomeno operai; sono snelle, anzi snellissime. Occupano al massimo un piano di qualche centinaio di metri in qualche periferia di una qualsiasi grande città del mondo, ovvero, si servono di lavoratori che non conoscono di persona ma con cui parlano via internet. Ma i “padroni” sono ragazzi della c.d. generazione Y (ovvero, Millennial Generation, Generation Next o Net Generation), ovvero, nati fra i primi anni Ottanta e prima metà anni Novanta. Giovani, generalmente belli (e, quindi, lontanissimi dallo stereotipo del nerd), con un patrimonio di vari milioni di euro alle spalle tutto costruito con l’offerta di servizi (anche finanziari) in rete, essi, pur se italiani, parlano correntemente inglese ed hanno una caratteristica comune: le loro società hanno sede all’estero. Nessuno, tranne qualche audace nostalgico, guardato con ammirazione ma anche con qualche sospetto, ha la sede amministrativa o operativa delle loro società in Italia.

Perché? Ebbene a tenerli lontano dal bel Paese è la paura di inciampare in qualche cavillo burocratico che distrugga tutto ciò che (a fatica e con il lavoro, come dicono a gran voce) hanno creato.

A guardarli bene ed a sentirli parlare si capisce subito che non si tratta dei ragazzi degli anni ottanta, i c.d. Yuppies (Young Urban Professional), ovvero, di giovani professionisti “rampanti” che abbracciano la comunità economica capitalista ed in essa trovano realizzazione, innamorati della finanza predatoria o che inseguono la ricchezza facile. L’aria che si respira è, invece, quella di gente che vuole contribuire a rendere il mondo migliore e ama la tecnologia e quello che con essa si può creare in termini di miglioramento della qualità della vita. Allora essi non si rivolgono alle banche per sviluppare le loro iniziative, ma raccolgono fondi in nuovi progetti vendendo i loro token crittografici sottostanti in cambio di bitcoin ed etere, ovvero, più semplicemente, chiedono denaro in internet attraverso le ICO’s. Con i soldi raccolti vogliono sviluppare e commercializzare un sistema di contabilità facile e veloce, ovvero, nuovi servizi di accoglienza per viaggiatori incalliti (che va dalla prenotazione dell’aereo, al taxi pronto all’aeroporto, all’hotel con servizi personalizzati, al cibo preferito e al giro culturale, ecc), ovvero, sistemi che mappano i singoli passaggi delle donazioni fatte, verificandone non solo l’effettivo arrivo destinatario, ma anche la reale spesa.

Ma l’Italia non li accoglie. Anzi la stessa Unione Europea, pur nelle sue diversità normative in materia, non si presta a comprendere ed accompagnare lo sviluppo di queste nuove tecnologie. Per loro il rifugio sembra trovarsi in Svizzera, che ha da tempo una normativa di favore per le ICO’s. Ed ecco allora spuntare dalla vicina Svizzera (come dalla lontana Corea o Cina) la nuova imprenditoria italiana. Gente che viaggia in macchine elettriche che guidano loro stessi, che vola in classe economica, che mangia sano e che frequenta deliziosi alberghetti a poche stelle. Insomma un mondo nuovo che per chi scrive e che ha passato la mezza età, da un po’ più di fiducia in un futuro migliore, che noi non siamo stati capaci di realizzare e che è, adesso, sulle loro spalle. Forti mi verrebbe da dire!

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