Nel girone delle consultazioni è di nuovo derby tra Fico e Di Maio. Ecco perché

22 Apr 2018 17:48 - di Ginevra Sorrentino

Di Maio ha fin qui scalato la vetta della piramide grillina, ma da domani, forse, ad attenderlo c’è la battaglia più dura: il derby con Roberto Fico. Certo, le nuove regole grilline consegnano all’aspirante premier pentastellato il Movimento chiavi in mano. Ma Luigi Di Maio, nella corsa a Palazzo Chigi dopo quella che lo ha visto conquistare il M5S un pezzo alla volta, deve fare i conti con una variabile non secondaria: le divisioni che tormentano e dilaniano il Movimento in tante anime: tra fedelissimi al giovane capo e veri e propri anti-dimaiani, cominciano ad essere in tanti coloro che, nel Movimento, sperano addirittura che la conquista del governo da parte del giovane di Pomigliano d’Arco possa fallire pur di vederlo finire all’angolo. Tutto è lecito, insomma: colpi sotto la cintura compresi.

L’incarico al presidente della Camera: è (di nuovo) derby Fico-Di Maio

I movimentisti fibrillano ma provano a congelare i malumori sospendendo il giudizio nell’attesa di vedere come finirà la trattativa per la formazione del governo e se Di Maio la spunterà diventando il più giovane inquilino di Palazzo Chigi. Ciò non toglie che c’è anche chi, in queste ore, si frega le mani sperando in un sorpasso a sorpresa di Roberto Fico, visto di buon’occhio dal Pd e considerato a capo degli ortodossi e custode dei valori grillini cell’era pre-conquista dello scranno più alto di Montecitorio. Insomma, se dovesse concretizzarsi l’ipotesi di un incarico esplorativo a Fico saranno diversi, nel Movimento, a sperare nel colpo di scena calato non proprio da un deus ex machina: un governo capitanato proprio da chi – quando Di Maio venne nominato capo politico del M5S – si mise di traverso, platealmente, rifiutandosi di salire sul palco e rimanendo a braccia conserte mentre la piazza festeggiava il suo acclamato numero uno.

E domani la partita si riapre: e coinvolge le due anime del Movimento

Scontro la vertice, allora? Colpo di tacco e autogol del novantesimo minuto? Tutto può essere, del resto il Movimento è vasto e si nutre di una moltitudine multietnica dalle diverse, spesso contrapposte, colorazioni socio-politiche di provenienza. Eppure chi conosce Fico è convinto che il presidente della Camera sarà leale fino in fondo a Di Maio: mai accetterebbe di usurpare un ruolo che non è suo, tanto più ora, al culmine di un lungo e certosino lavoro di ricamo diplomatico teso a ristabilire il quieto vivere tra i due, suggellato dalla candidatura del duro e puro grillino alla presidenza di Montecitorio. Armonia che sembrerebbe confermata dalle parole di Di Maio: «Di Fico ho solo cose buone da dire. È il nostro presidente della Camera, guardiamo a lui come una figura che è stata in grado in questo momento fondamentale di partenza dei lavori parlamentari di essere una figura di garanzia e ha saputo assicurare la sua imparzialità». Uno pari e palla al centro allora? Non sembra proprio: e la partita potrebbe riaprirsi proprio domani e riservare delle soprese proprio in zona Cesarini. Fatto sta che le due anime del Movimento sono destinate a convivere e potrebbero essere decisive per il futuro dei 5 Stelle.

 

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