Le mani dei boss sulla “Fiumara d’Arte” dei Nebrodi: tre arresti

20 Apr 2018 10:13 - di Redazione

Le mani della mafia sui lavori di valorizzazione della “Fiumara d’Arte”, il patrimonio artistico dei Nebrodi. I carabinieri del Comando provinciale di Messina, guidati dal colonnello Jacopo Mannucci Benincasa, hanno inferto un duro colpo alla famiglia mafiosa di Mistretta. Sono 14 le misure cautelari emesse, tre persone sono finite in carcere e undici hanno l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: sono ritenute responsabili a vario titolo di tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di valori. Il provvedimento scaturisce dagli esiti di una complessa indagine condotta, sin dal 2015, dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Messina, coordinata dai pm di Messina, Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio, nei confronti della famiglia mafiosa di Mistretta (Messina), attiva nella parte più occidentale della provincia peloritana, che ha permesso di portare alla luce «un tentativo di estorsione, eseguito da un consigliere comunale di Mistretta, tuttora in carica, in concorso con altri due, di cui uno già destinatario di un provvedimento di sequestro dei beni, in ragione della sua riconosciuta intraneità a Cosa Nostra palermitana», dicono gli inquirenti, ai danni di due imprenditori edili, aggiudicatari dell’appalto, del valore di circa un milione di euro, indetto dal Comune e finanziato dall’Unione Europea per la riqualificazione dei dodici siti dove sono installate le opere d’arte contemporanea che costituiscono il noto percorso culturale ”Fiumara d’Arte”.

“Fiumara d’Arte”dei Nebrodi, le indagini

Le investigazioni, che avevano già consentito di arrestare, il 6 ottobre 2017, una coppia di imprenditori edili per trasferimento fraudolento di valori, hanno altresì permesso di documentare l’intestazione fittizia, in favore di ben 11 complici  di due locali notturni e uno stabilimento balneare e un’attività di compravendita di auto usate, che si trovano sulla fascia tirrenica della provincia di Messina. Contestualmente, è stata data anche esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo disposto nei confronti delle medesime attività commerciali, del loro compendio aziendale, dei conti correnti e depositi bancari, nonché di 5 autovetture nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro. L’inchiesta è stata avviata nel settembre 2015 quando un imprenditore edile si era rivolto ai carabinieri segnalando, ancorché solo in parte e senza volere sottoscrivere in un verbale le sua affermazioni, quanto gli stava accadendo e cioè di essere vittima di un tentativo di estorsione. L’imprenditore si era aggiudicato, a seguito di una pronuncia giurisdizionale del Tar di Catania conseguente a un suo ricorso, l’appalto indetto dal Comune di Mistretta per i lavori di valorizzazione e fruizione del patrimonio artistico contemporaneo nebroideo denominato ”Fiumara d’Arte”. Opere finanziate dalla Comunità Europea, con un importo a base d’asta pari ad un milione di euro e aggiudicati alla sua “Ati” con un’offerta pari ad 802.000 euro e spiegava che era stata avvicinato dal consigliere comunale di Mistretta, Vincenzo Tamburello, «il quale gli aveva rappresentato che la ditta che aveva ottenuto l’appalto prima del suo ricorso aveva già versato la somma di 50.000 euro ad alcuni soggetti del luogo, i quali li avevano successivamente restituiti dal momento che quella ditta era stata poi estromessa dai lavori», scrivono gli inquirenti. Pertanto, Tamburello gli aveva richiesto di corrispondere la somma di 35.000 euro da devolvere ad una donna che veniva indicata come la ”signorina” che aveva un fratello detenuto ( per le cui spese legali sarebbero stati destinati i soldi versati alla donna) e inoltre lo invitava ad assumere nei propri cantieri tre operai dei quali gli avrebbe successivamente indicato i nomi e infine lo esortava a rifornirsi del conglomerato cementizio presso l’impianto dei fratelli Lamonica e assicurandogli che assolvendo a questi obblighi, non ci sarebbe stata alcuna richiesta estorsiva né danneggiamenti di sorta aggiungendo che, per il resto delle ulteriori forniture, egli avrebbe potuto rivolgersi al libero mercato. Gli investigatori  hanno riscontrato le prime dichiarazioni rese informalmente dall’imprenditore, identificando i complici di Tamburello e ricostruendo i rapporti tra loro.

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