Spoleto, poliziotto aggredito in cella: l’ennesima vittima di detenuti violenti

30 Mar 2018 15:10 - di Redazione

Sos sicurezza nelle carceri italiane: e l’ennesima aggressione, brutale e incontrollata, sferrata ai danni dell’ultimo (al momento) agente di polizia penitenziaria vittima della violenza dei detenuti e di una carenza di organico, riporta sotto i riflettori le condizioni estreme in cui gli agenti penitenziari lavorano nei nostri istituti di pena, alla mercé di carcerati violenti e in balia di turni estenuanti.

Spoleto, ancora un poliziotto aggredito in cella

Lo dimostra quanto appena accaduto, ancora una volta, in quest’ultimo caso a Spoleto, dove un agente della polizia penitenziaria è stato aggredito all’interno del carcere cittadino, e proprio nel reparto di alta sicurezza, da un detenuto italiano che ha iniziato a prenderlo a pugni. L’aggressione è stata bloccata anche dagli altri detenuti presenti che, prontamente, si sono frapposti fra il compagno di cella e l’ispettore, aggredito all’improvviso. «Ancora una volta siamo costretti a dare notizia dell’ennesimo atto di violenza a danno di un poliziotto penitenziario della regione – ha scritto allora Fabrizio Bonino, segretario per l’Umbria del Sappe –. Siamo vicini al nostro collega che è uscito dal pronto soccorso con una prognosi di 5 giorni con gli auguri per una rapida guarigione».

La nota e la richiesta d’intervento del Sappe

Ma, solidarietà e auguri a parte, la parte più significativa del messaggio indirizzato al poliziotto vittima dell’ultimo agguato violento, è proprio l’sos lanciato sulla sicurezza e sulla prevenzione: «Quello di cui abbiamo più timore è l’inevitabile abbassamento dei livelli di sicurezza – denuncia il Sappe nella sua nota – che oltre a farsi sentire all’interno del carcere di Spoleto si ripercuoterà sulla società esterna, dovuto al taglio dell’organico della casa di reclusione di Spoleto di oltre 70 unità, e di tutta l’Umbria, operato dal ministero della Giustizia ad ottobre 2017». Chissà che almeno quest’ultimo messaggio, disperatamente affidato a una bottiglia lanciata nel mare, non sprofondi nel silenzio e nell’inconcludenza.

 

 

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