Il patrigno (integrato?) le sbatte la testa contro il muro: «Basta scuola»

16 Mar 2018 11:32 - di Liliana Giobbi

«Il mio patrigno mi ha picchiata ieri sera. Mi ha sbattuto la testa contro il muro. Vuole che mi sposi, ma io non mi voglio sposare, voglio andare a scuola». Queste le parole di una giovane di origine africana a un vigile che l’aveva vista scendere dall’autobus e sentirsi male. Un’altra storia di sopraffazione e di imposizioni. Presentava evidenti segni di violenza sulla fronte. All’ospedale di Bussolengo  le è stato diagnosticato il trauma cranico e quello alle vertebre cervicali. La giovane è stata poi dimessa e si è rifiutata di fare rientro a casa. Adesso è ospite da una zia, in attesa che le venga trovato un luogo sicuro dove stare.

Le reazioni alla violenza del patrigno

«Un fatto agghiacciante e intollerabile», ha affermato Elena Donazzan. assessore alla Scuola della Regione Veneto. «Ma quante giovani sono nella stessa situazione, quante volte questa ragazzina avrà subito violenza? In Veneto ed in Italia non possiamo continuare ad assistere ad episodi come questo, in cui una mentalità dettata da abitudini e culture diverse dalla nostra, si impongono spesso indisturbate. Solo l’esasperazione di questa giovane, forse dopo l’ennesima violenza, l’ha indotta a chiedere aiuto. Bravi il vigile urbano, gli operatori del pronto soccorso e dei servizi sociali che hanno saputo intervenire nell’emergenza attivando la rete di protezione e grazie alla sensibilità di insegnanti e dirigente scolastico che hanno saputo leggere e intercettare la domanda di aiuto di questa ragazza e far intervenire i servizi. Ma quante altre adolescenti e giovani donne sono vittime di violenza e di pressioni familiari?».

Immigrazione e scuola

«La scuola è il primo punto di ascolto e la prima agenzia educativa che può accogliere e dare coraggio a questi giovani stranieri che vogliono sentirsi pienamente integrati – esorta la Donazzan – Insegnanti, dirigenti e compagni di classe possono ascoltare, far emergere i problemi, segnalare e mettere in moto le prime iniziative di aiuto. I docenti siano le prime sentinelle nei confronti dei propri allievi, per rilevare situazioni di disagio come questa, o di devianze legate al tentativo di reclutamento del terrorismo internazionale, come purtroppo già accaduto in Veneto».

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