Sos Italia, degrado, paura e voglia di sicurezza entrano in cabina elettorale

22 Feb 2018 11:57 - di Bianca Conte

Paura e voglia di sicurezza irrompono in cabina elettorale. Esponenti politici assediati e insultati a suon di minacce e offese (come Giorgia Meloni a Livorno, aggredita da gruppi dei centri sociali qualche giorno fa). Militanti assaliti con ferocia (l’ultimo, uno su tutti, l’esponente di Forza Nuova, Massimiliano Ursino, legato pestato a sangue in mezzo alla strada a Palermo da altri attivisti, di altri centri sociali). Poliziotti in assetto anti-sommossa selvaggiamente linciati nell’esercizio delle loro funzioni (a Piacenza come a Bologna, a Milano, in Val di Susa, ovunque nello Stivale). Donne nel mirino, che siano turiste o senzatetto, mogli, madri di famiglia, vengono comunque aggredite, violentate, umiliate e offese nei centri cittadini, come tra le mura domestiche.  È emergenza sicurezza, a partire dalla capitale, e il silenzio del Campidoglio, e il grido d’allarme del Viminale su una possibile, imminente escalation di violenza, non consentono certo di augurarsi un miglioramento a breve…

Paura e voglia di sicurezza irrompono alle urne

Dalle colonne del Messaggero il ministro dell’Interno, Marco Minniti, fa sapere di essere preoccupato per il clima d’odio che si respira, e di temere una escalation delle violenze incontrollabile. «Da inizio anno – riferisce non a caso a riguardo il quotidiano capitolino – sono stati contati 70 episodi di violenza legati alla campagna elettorale. Coi suoi uomini il titolare del Viminale ha cercato di essere chiaro, partendo anche dal fatto che finora, sebbene la tensione sia tanta, Polizia e Carabinieri sono sempre intervenuti abbastanza velocemente», eppure… Eppure non basta. Di più:non c’è tempo da perdere. Ci sono quartieri della capitale, a partire dal multietnico Esquilino, dove l’emergenza è quotidiana e dove persino le comunità di cinesi che negli ultimi anni hanno colonizzato il quartiere con attività commerciali e interi condomini eletti a residenza, sono in fuga, piegati da altre logiche di potere (criminale) extracomunitario. Tanto che, sulla questione, riporta sempre il Messaggero nella sua edizione online, «durante la riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica riunito ieri mattina in Prefettura sull’emergenza Esquilino» è stata invocata a viva voce una richiesta indirizzata al Comune di «provvedere ad applicare il daspo urbano nel Rione, “nelle more dell’approvazione del Regolamento di polizia urbana”. Ovvero dovrà assumere fin da subito “provvedimenti specifici”» contro chi delinque in qualunque forma e per qualunque fattispecie di reato penale.

Giorgia Meloni a Piazza Vittorio nonostante il divieto

E in tutto questo, fa sapere Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ospite su Rtl di “Non stop news, «ci hanno vietato di manifestare questo sabato (proprio ndr) a piazza Vittorio a Roma, nell’ambito di una mobilitazione nazionale nel corso della quale porteremo enormi bandiere tricolori nei quartieri abbandonati delle periferie italiane. Non ce la vogliono far fare e per questo dico che sabato saremo comunque a manifestare a piazza Vittorio». «Noi – ha poi aggiunto la leader di FdI – siamo le prime vittime di questo clima brutto, da anni ’70, costruito purtroppo ad arte da una sinistra che ha passato la campagna elettorale a usare slogan di quarant’anni fa per la difficoltà di spiegare ai cittadini perché al governo della Nazione aveva dato soldi alle banche e agli immigrati e non ai poveri. Io in prima persona sono stata aggredita a Livorno da quelli dei centri sociali che stanno facendo di tutto; persino nel comune di Pontedera – ha quindi concluso la Meloni – ci è stato impedito di fare il nostro banchetto elettorale da un sindaco Pd che non ci ritiene una realtà democratica, nonostante siamo un partito presente in Parlamento». Una polveriera indistinta, la compagine delle città del Belpaese, che rischia di esplodere alla prossima provocazione, all’ultimo affronto sferrato contro la legalità.

Roma come Raqqa, Napoli come il Cairo. E poi?

Insomma, Roma alla stregua di Raqqa, Napoli come il Cairo, Bologna come Caracas, e chi più ne ha, più ne metta… E così, con buona pace di sidanci dem e pentastellati, e dei cittadini da loro amministrati, dopo Napoli – inserita da una discutibile classifica stilata dal Sun tra le 10 città più pericolose al mondo – e la capitale segnalata come meta di viaggi e vacanze ad alto rischio (Roma fa paura: e i siti di ambasciate e ministeri segnalano le avvertenze per l’uso), l’emergenza criminalità e la volgia di sicurezza entrano nelle cabine elettorali di tutto il Belpaese: gli elettori chiedono un’inversione di rotta. Magari, proprio a partire da quelle battute da migranti economici e sedicenti profughi in cerca d’asilo e in fuga da guerriglie che sono pronti a scatenare per la contesa del potere rionale e criminale, anche all’interno dei nostri confini…

 

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  • Marcello 22 Febbraio 2018

    Il rapporto annuale di Amnesty International, pubblicato con tempismo poco prima delle elezioni politiche italiane, denuncia il clima di discriminazione e xenofobia aumentato di recente in Italia (chissà perché?), sottolineando che la larga maggioranza delle dichiarazioni più discriminatorie e più xenofobe sono state pronunciate da esponenti politici del centro-destra. Questo ci conforta: vuol dire che essi comprendono i problemi più gravi dell’Italia attuale e si sono incamminati sulla strada giusta. Ma che cosa ne può capire un organo mondialista e demagogicamente terzomondista?