Dopo le figuracce Brexit e Trump, i sondaggisti cercano nuovi metodi
E’ successo per il terremoto Brexit, per la vittoria ampiamente imprevista di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali Usa, ancor prima in Italia con le elezioni politiche del 2013 il cui esito è risultato clamorosamente diverso dalle attese. Dopo gli epic fail collezionati di recente con i sondaggi sulle intenzioni di voto, il segreto dell’urna è diventato il peggior incubo degli istituti di statistica. Come decifrarlo, dribblando le bugie dietro cui si trincerano molti elettori ed evitando il flop delle previsioni? Ogni consiglio è ben accetto, mentre manca ormai meno di una settimana all’appuntamento con schede e cabine nel Belpaese. In una ricerca internazionale pubblicata sulla rivista Nature Human Behaviour, si suggerisce che una strategia per prevedere meglio i risultati delle elezioni potrebbe celarsi dietro una semplice domanda: “I tuoi amici chi hanno intenzione di votare?”. Interrogare gli intervistati su che aria tira all’interno della propria cerchia sociale potrebbe essere la chiave per svelare i loro piani reali sul voto. La maggior parte dei sondaggi elettorali misura il polso politico di un popolo chiedendo ai singoli cittadini le proprie intenzioni davanti all’urna. Ma secondo una docente Usa del Santa Fe Institute, Mirta Galesic, non basta. Insieme ai coautori della ricerca – fra cui Wandi Bruine de Bruin (Leeds Business School) e Marion Dumas (London School of Economics) – e ai ricercatori dell’University of Southern California Dornsife, la scienziata ha confrontato i risultati di due metodi di sondaggio, partendo dai dati raccolti durante le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti e in Francia. Gli esperti hanno guardato alle informazioni esistenti ricavate da domande poste sugli amici degli intervistati, accanto al tradizionale quesito su se stessi. Risultato: in entrambi i Paesi presi in considerazione, le risposte fornite riguardo agli amici hanno portato a previsioni più accurate per i risultati elettorali, rispetto a quelle prodotte dall’analisi statistica delle informazioni sulle personali condotte di voto. “Spesso si presume che le persone siano prevenute nelle loro valutazioni degli altri” e pensino che gli amici abbiano le loro stesse opinioni, “ma noi riteniamo che non sia necessariamente vero – afferma Galesic – almeno quando si tratta di contatti sociali stretti. Altre nostre ricerche in corso mostrano che le persone conoscono piuttosto bene la loro famiglia e gli amici”, anche dal punto di vista elettorale. Dopo tutto, riflette la scienziata, si instaura un legame di dipendenza “per la cooperazione, l’apprendimento e tutti i tipi di supporto”. E i sondaggi che chiedono alle persone di commentare le intenzioni di voto del proprio circolo sociale possono migliorare i risultati di previsione. Per diversi motivi, elenca Galesic: per esempio forniscono informazioni su soggetti che non sono esplicitamente inclusi nel campione, come persone che potrebbero scegliere di non partecipare, ma non solo. Queste domande aiutano anche ad anticipare i processi di influenza sociale: se qualcuno è circondato da persone che stanno pianificando di votare in modo diverso, potrebbe essere influenzato dagli amici prima che le elezioni si svolgano. Le domande sulle cerchie sociali consentono inoltre di essere più onesti, sostengono i ricercatori. “Le persone possono essere imbarazzate ad ammettere che hanno in programma di votare per un candidato meno popolare, ma sono meno in difficoltà nel dirlo dei loro amici”, osserva Galesic. E le loro risposte consentono agli scienziati di saperne di più anche sull’esistenza e sulle dimensioni delle cosiddette camere dell’eco, gruppi di persone che condividono le stesse opinioni, tra gli elettori di candidati diversi.