La prof indiana: «L’uomo bianco che pratica lo yoga è un razzista»
Praticate lo yoga? Pensavate che fosse un modo per rilassarvi e migliorare il vostro equilibrio fisico e mentale? Bene, vi sbagliavate. Sappiate, invece, che state contribuendo a rafforzare la «supremazia bianca». Almeno stando a quanto sostiene Shreena Gandhi, una professoressa di studi religiosi della Michigan State University.
Praticare yoga? «È parte di un razzismo sistemico»
In un articolo intitolato “Lo yoga e le radici della appropriazione culturale”, firmato insieme all’attivista anti-razzista Lillie Wolff e rilanciata dall’agenzia Agi, Gandhi spiega che la diffusione dello yoga in Occidente è dovuta a vari fattori e tutti legati più o meno direttamente al razzismo culturale e alle pratiche di sfruttamento proprie delle nostre società (l’autrice parla prevalentemente di quella americana, ma fa frequenti riferimenti all’Europa). «Lo yoga diventa – e rimane – una pratica che permette ai professionisti occidentali di sperimentare l’idea di un’altra cultura rimanendo concentrati su se stessi», spiega Gandhi, parlando di come questo rappresenti una forma di «colonialismo culturale». Non solo, se lo yoga si è diffuso tanto è perché intorno a esso è nato un mercato fiorente, che contribuisce al nostro sistema economico, ma «non bisogna mai dimenticare che questo sistema è costruito sullo sfruttamento del lavoro, spesso il lavoro delle persone nere e del sud del mondo». Il tutto in un contesto in cui, a partire dall’Europa colpevole delle colonizzazioni, per arrivare negli Stati Uniti campioni di consumismo, la popolarità dello yoga «è la conseguenza di un largo sistema di appropriazione culturale che il capitalismo genera e rende concreta». Per questo, per Ghandi, «se l’appropriazione (indebita) dello yoga può non essere una forma di razzismo letale, ciò non di meno è parte di un razzismo sistemico, ed è importante chiedersi: quali sono le spinte di questa appropriazione culturale?».
La stessa teoria sostenuta anche da Open Democracy
A seguire Gandhi, che è direttrice dell’Organizzazione per l’eliminazione del razzismo e per la celebrazione dell’equità, si concentra sugli «obiettivi della supremazia bianca» e sul fatto che «le persone bianche vengono educate a essere astoriche e represse emotivamente» per «sostenere le basi e il funzionamento del suprematismo bianco e del capitalismo razzista». «Poiché la maggior parte delle persone bianche non è educata ad affrontare ed esaminare le dolorose e scomode realtà del razzismo, e le loro complicità in esso, il ciclo di oppressione, repressione e consumismo continua», avverte ancora Gandhi, chiarendo poi che «questa complessa realtà socio-economica degli Stati Uniti è la chiave per comprendere come il vuoto culturale della società bianca sia intimamente legato con la supremazia bianca, il capitalismo e la globalizzazione». «Ed è in queste complesse strutture oppressive che prospera l’insieme della appropriazione culturale e dell’industria dello yoga», conclude Gandhi, che invita quindi i praticanti, e non solo loro, ad ammettere tutto il proprio razzismo per tentare di superarlo. Un suggerimento per altro non del tutto nuovo: nel 2015 un articolo simile, intitolato “Come decolonizzare la tua pratica yoga” era comparso su opendemocracy.net, il sito collegato all’Open society institute di George Soros.