Inquinate le indagini sull’Eni: 15 arresti, anche un magistrato

6 Feb 2018 20:09 - di Paolo Lami

Corruzione in atti giudiziari, reati contro la pubblica amministrazione, associazione a delinquere e falso. Sono le accuse formulate nei confronti di 15 persone, fra cui Giancarlo Longo, ex-pm della Procura di Siracusa, l’avvocato Piero Amara e gli imprenditori Fabrizio Centofanti e Enzo Bigotti, quest’ultimo già coinvolto nel caso Consip, arrestate durante un’operazione congiunta tra la Procura di Roma e Messina per alcune sentenze aggiustate. e per aver inquinato le indagini sull’Eni e sul suo amministratore delegato De Scalzi.
Longo, che di recente trasferito dalla Procura di Siracusa a Napoli, avrebbe messo a disposizione la sua funzione “in cambio di denaro”. Il tutto “per aiutare i clienti” dell’avvocato siracusano Amara e l’imprenditore Calafiore. «Longo usava le prerogative a lui attribuite dall’ordinamento per curare interessi particolaristici e personali di terzi soggetti dietro remunerazione. Tali condotte vengono riscontrate a partire dal 2013 e perdurano sino ai primi mesi del 2017», accusano i magistrati che hanno ottenuto l’arresto di Longo.

In particolare, il magistrato Longo, sempre secondo l’accusa, avrebbe ottenuto la somma di 80mila euro in contanti, oltre ad alcune vacanze che sarebbero state offerte e a lui e alla sua famiglia per le sentenze aggiustate. Il pm avrebbe creato un meccanismo di indagini cosiddette a “specchio”. In questo modo poteva venire a conoscenza di fascicoli altrimenti inaccessibili. In questo modo, per l’accusa, avrebbe «inquinato alcune indagini». Come quella coordinata dalla Procura di Milano che vedeva coinvolto l’amministratore delegato di Eni Claudio De Scalzi, rinviato a giudizio di recente.
Ma l’Eni, tramite un suo portavoce, precisa: «Con riferimento alle notizie riportate dagli organi di informazione circa gli sviluppi dell’inchiesta condotta da alcune Procure in merito a un presunto falso complotto costruito ai danni dei propri vertici aziendali, Eni, non indagata, auspica che si faccia quanto prima chiarezza sui fatti oggetto di indagine».

Tre sentenze sospette, che sarebbero state “aggiustate” a favore dei clienti degli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore. E’ quanto i pm della Procura di Roma contestano all’ex-presidente di sezione del Consiglio di Stato, Riccardo Vigilio, indagato per corruzione in atti giudiziari nell’inchiesta, coordinata con la Procura di Messina.

Secondo quanto accertato dai procuratori aggiunti Paolo Ielo, Rodolfo Sabelli e Giuseppe Cascini, il giudice Virgilio, che oggi è in pensione, avrebbe “pilotato” tre sentenze che hanno inciso favorevolmente per clienti degli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, indagati in concorso con il magistrato. Sentenze, hanno spiegato i pm romani, che avrebbero favorito il gruppo Bigotti, difeso da Amara, che nell’ambito delle gare Consip, riesce a ottenere un appalto pari a 388 milioni di euro.

Piero Amara, 48 anni, noto avvocato con clientela internazionale, secondo l’accusa avrebbe fatto presentare presso la Procura aretusea un uomo, Alessandro Ferrara, che denunciò ai magistrati di essere stato vittima di un tentativo di sequestro a Siracusa da parte di tre persone che gli avrebbero chiesto notizie su un presunto complotto internazionale contro l’ex-ad di Eni, Descalzi. A coordinare l’inchiesta aperta era stato proprio Longo. Secondo gli investigatori, l’avvocato Amara sarebbe stato a capo di un vero e proprio comitato di affari.

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