Caporalato, i migranti come schiavi: un euro per una cassetta di mandarini

6 Feb 2018 12:17 - di Gigliola Bardi
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Un euro per una cassetta di mandarini. È quanto venivano pagati gli immigrati, fra i quali diversi irregolari, sfruttati nei campi della piana di Sibari, in Calabria. Un caso di nuova schiavitù scoperto dalla Guardia di Finanza nell’ambito di una operazione contro il caporalato, che ha portato alla denuncia di sette persone, una delle quali arrestata. Si tratta di uno degli immigrati, un algerino che, sebbene avesse fornito false generalità, dai controlli è risultato ricercato dallo scorso anno per reati legati all’immigrazione clandestina e contro la persona e il patrimonio.

Il caporalato sfrutta l’immigrazione clandestina

Il caso di caporalato è stato scoperto con un posto di blocco: i militari, sulla statale Jonica nei Roseto Capo Spulico, hanno fermato un furgone con a bordo un cittadino italiano e numerosi extracomunitari, molti dei quali privi di documenti di riconoscimento, che si apprestavano a raggiungere le campagne lucane per una giornata lavorativa. Tutti i braccianti agricoli a bordo del mezzo, insieme all’italiano titolare di un’azienda agricola, sono stati quindi portati in caserma per eseguire gli accertamenti sull’attività lavorativa svolta e sul rapporto di lavoro. Sulla base delle loro dichiarazioni e della documentazione trovata sul furgone, sono stati individuati 10 lavoratori in nero, che venivano sfruttati dai titolari di due locali aziende agricole, i cosiddetti proprietari dei «giardini» (termine usato dai caporali per indicare l’appezzamento di terra dove impiegare la manodopera), i quali pagavano gli extracomunitari un euro per ogni cassetta di mandarini raccolta.

Arrestato un algerino ricercato

Al termine delle operazioni sono stati denunciati, in concorso tra loro, due italiani e una donna di nazionalità rumena per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Tre degli extracomunitari, poi, sono stati denunciati a piede libero alla Procura della Repubblica di Castrovillari perché privi di permesso di soggiorno. C’è poi il caso dell’algerino ricercato: oltre alla denuncia per i fatti scoperti dalle Fiamme Gialle, è arrestato per il precedente mandato di cattura e portato in carcere.

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