Tenente scoprì acque inquinate, ora fa il custode: il caso finisce in Senato

6 Dic 2017 19:12 - di Redattore 92

Da ufficiale di Polizia a guardiano di museo dopo avere lanciato l’allarme sulle acque inquinate di un lago lucano. Una storia italiana incredibile, quella di Giuseppe Di Bello. Nel gennaio 2010, l’allora tenente della Polizia Provinciale di Potenza, allarmato dalla moria di pesci nel lago Petrusillo, fa analizzare le acque di sua iniziativa. Scopre che il lago della Val d’Agri, in cui si specchia il grande Centro di raffinazione petrolifera dell’Eni a Viggiano, è avvelenato dagli idrocarburi. Rende pubblici i dati, visto che molti cittadini lucani e pugliesi quell’acqua la bevono.

Denunciato e condannato per avere scoperto il fatto

Le conseguenze? L’assessore Pd all’Ambiente lo denuncia per procurato allarme. Chiede il pugno duro contro di lui anche l’allora presidente della Regione, Vito De Filippo. Interviene la magistratura. Il 6 giugno 2012, arriva la condanna per aver rivelato il cattivo stato delle acque del Pertusillo. Violazione di segreto d’ufficio. Per il tenente Di Bello due mesi e venti giorni di reclusione. L’ufficiale viene prima sospeso dal suo incarico e poi spostato ad altre mansioni. Viene mandato in servizio al museo provinciale di Potenza, dove lavora attualmente.

Di Bello è stato assegnato a un museo di Potenza

Di Bello è stato assegnato a un museo di Potenza

Il tenente Di Bello chiede giustizia

E oggi in Senato, in conferenza stampa, Di Bello, supportato dal senatore lucano Giovanni Barozzino ha denunciato la sua situazione. Nel frattempo, la Cassazione ha annullato la sentenza contro Di Bello. «Il procuratore generale mi ha stretto la mano davanti a tutti – ha raccontato al Fatto quotidiano – La magistratura lucana solo ora, otto anni dopo la mia denuncia, si è accorta del disastro ambientale, adesso sigilla il Costa Molina. Nessuno che chieda a chi doveva vedere e non ha visto, chi doveva sapere e ha taciuto: e in quest’anni dove eravate? Cosa facevate?».

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