Parla l’attentatore bengalese di Manhattan: «Ho agito per vendetta»
Un attentato, fallito, al cuore di Manhattan fa tornare l’incubo terrorismo a New York. Il bilancio a è di quattro persone lievemente ferite ma la paura resta in una città segnata per sempre dall’attentato alle Torri Gemelle. L’esplosione è avvenuta in un sottopassaggio del terminal dei bus della Port Authority, tra la 42ma e l’Ottava. L’uomo che ha tentato di farsi saltare in aria è un bengalese di 27 anni. Si chiama Akayed Ullah ed è un elettricista che vive a Brooklyn. Si è legato al corpo con del velcro un tubo bomba lungo circa 13 centimetri, l’ha nascosto sotto la giacca e ha tentato di farlo esplodere riuscendoci solo parzialmente. Voleva fare una strage. Port Authority è infatti il maggior terminal di autobus degli Stati Uniti, con un traffico di oltre 65 milioni di passeggeri all’anno.
L’attentatore: «Stanno bombardando il mio Paese»
L’attentatore, che si trova ora in ospedale per le ferite alle mani e all’addome riportate nell’esplosione da lui provocata, ha detto di aver agito per vendetta. «Stanno bombardando il mio Paese e io volevo danneggiare loro», ha dichiarato dal suo letto d’ospedale. L’America ripiomba così nel terrore. Quello di ieri è solo l’ultimo di una serie di episodi che allarmano il Paese, come quello avvenuto meno di due mesi fa, il 31 ottobre scorso, quando un 29enne uzbeko ha lanciato un furgoncino sui pedoni e sui ciclisti a New York, provocando la morte di 8 persone. «Siamo obiettivo dei molti ai quali piace fare dichiarazioni contro la democrazia e la libertà», ha detto il governatore dello Stato Andrew Cuomo, che ha aggiunto: «Non permetteremo loro di distruggerci».