Bergoglio vuole cambiare il Padre Nostro: «La traduzione non va bene»

5 Dic 2017 15:47 - di Eleonora Guerra
bergoglio padre nostro

Così com’è, il testo italiano del Padre Nostro non va bene. A esserne convinto è lo stesso Papa Francesco, che ne ha parlato durante la settima puntata del programma di Tv2000 intitolato proprio Padre Nostro e condotto dal cappellano del carcere di Padova don Marco Pozza.

Papa Francesco: «Non è Lui a indurci in tentazione»

Il Pontefice contesta, in particolare, il modo in cui è stata tradotta la frase «e non indurci in tentazione». «Nella preghiera del Padre Nostro, Dio che ci induce in tentazione non è una buona traduzione. Anche i francesi hanno cambiato il testo con una traduzione che dice “non mi lasci cadere nella tentazione”: sono io a cadere, non è Lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto, un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito», ha spiegato Bergoglio, sottolineando che «quello che ti induce in tentazione è Satana, quello è l’ufficio di Satana».

Il teologo: «In Spagna e Francia hanno già corretto»

Sul tema è intervenuto anche monsignor Bruno Forte, teologo e membro del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, oltre che della Pontificia accademia di teologia. «Papa Francesco ha perfettamente ragione, nel considerare come una cattiva traduzione in italiano» quel passo. «Il testo originale in greco del Nuovo Testamento – ha spiegato il teologo – usa un verbo causativo, non è semplicemente un “indurre in tentazione”, ma è un “non metterci nelle condizioni di cadere nella tentazione”. Si potrebbe più facilmente tradurre “non lasciarmi cadere in tentazione”, come del resto hanno fatto già in francese e in spagnolo». Per monsignor Forte, che è anche arcivescovo di Chieti e Vasto, «l’originale ha proprio questo significato, una invocazione affinché il Signore non permetta che noi cadiamo nella tentazione e ci dia tutti gli aiuti per superarla, ferma restando la nostra libertà di accogliere oppure no tali aiuti. Questo è il significato autentico della preghiera».

La parola passa alla Cei

Ma chi dovrebbe decidere in merito? «Le traduzioni liturgiche sono affidate alle Conferenze episcopali, nel caso italiano dunque alla Cei, che potrebbe sottoporre la sua proposta alla Santa Sede per una approvazione», ha spiegato ancora monsignor Forte, ricordando che «da tempo si è portata avanti la proposta di cambiare la traduzione italiana, che io stesso ho sostenuto con varie argomentazioni inviate alla Congregazione vaticana per il culto divino». «Finora non è avvenuto, ma speriamo che possa avvenire presto, anche dopo questo intervento di Papa Francesco. Sarebbe davvero auspicabile», ha chiosato l’arcivescovo. E tutto fa pensare che il suo auspicio possa presto tradursi in realtà: l’editore di Tv2000, da cui Bergoglio ha sollevato il problema, è proprio la Cei.

 

Commenti

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  • Gian Aldo Traversi 26 Febbraio 2018

    Meglio tardi che mai. A dire il vero è decenni che la penso come Bergoglio. E qualche anno fa ho azzardato un suggerimento a un ben noto teologo di Bologna nel senso di una graduale correzione di tiro (che ha accettata di buon grado, con soave umiltà), come “non abbandonarci nella tentazione”. Tuttavia la traduzione corretta dal testo greco può essere “non esporci” alla tentazione”. Ma quel “non indurci” è quanto di più beceramente ottuso si possa immaginare. E i fedeli che cosa fanno? Niente. Meglio: depensano. Morti che fingono d’essere morti, per dirla con Carmelo Bene. Che cosa aspetta la Cei a intervenire?