Uccisi e gettati in fosse senza nome: è il mercato degli schiavi libico

29 Nov 2017 16:15 - di Redazione

Sono centinaia i rifugiati africani che vengono comprati e venduti nei “mercati degli schiavi” in Libia ogni settimana. Lo ha raccontato un trafficante di esseri umani a condizione di anonimato ad al Jazeera, spiegando che molti di questi rifugiati sono trattenuti in attesa di un riscatto o sono costretti alla prostituzione e allo sfruttamento sessuale per pagare i loro rapitori e i contrabbandieri. Molti rifugiati finiscono per essere uccisi dai loro contrabbandieri nel deserto, oppure muoiono di sete o in incidenti automobilistici, racconta il trafficante di esseri umani. Un funzionario della Sanità libica ha poi detto ad al-Jazeera, sempre a condizione di anonimato, che l’obitorio della città meridionale di Sebha – che è punto di ingresso per molti rifugiati provenienti dall’Africa – è pieno di cadaveri, con un frigorifero difettoso che peggiora la situazione. Sebha si trova a 650 chilometri a sud della capitale Tripoli. Il funzionario sanitario ha parlato di corpi gettati dai contrabbandieri davanti alla struttura sanitaria di Sebha. Molti rifugiati che hanno perso la vita non vengono identificati e finiscono per essere sepolti senza nome o tombe adeguate, ha detto l’ufficiale sanitario. I rifugiati e i migranti, molti dei quali proviene da Ghana, Nigeria, Camerun, Zambia, Senegal, Gambia e Sudan, vengono introdotti clandestinamente in Libia da una rete di bande criminali con la promessa di raggiungere l’Europa. La Libia è la principale via d’accesso per le persone che tentano di raggiungere l’Europa via mare. Il trafficante di esseri umani contattato da al Jazeera ha spiegato nel dettaglio i suoi percorsi attraverso la Libia, dicendo che il suo business era aumentato notevolmente dopo la deposizione del colonnello libico Muammar Gheddafi. Inoltre ha raccontato che i rifugiati entrano in contratto con i trafficanti di esseri umani grazie agli uffici di collocamento privati nelle città di Agadez e Zinder nel vicino Niger. Una volta ricevuto il bonifico per i rifugiati da un “comandante” in Niger, inizia il processo di migrazione illegale. Il contrabbandiere ha spiegato di chiedere fra i 735 e i 1.100 dollari a persona. Una volta ricevuto il pagamento, i migranti sono caricati su quattro veicoli e guidati attraverso il deserto della Libia. “Prendo i migranti ad al-Qatron (in Libia, ndr) e li porto a Sebha”, ha detto ad al Jazeera. “Questo avviene in accordo con altri comandanti in Niger e in altri paesi africani”, ha aggiunto. Al-Qatron, una piccola città a circa 300 chilometri a sud di Sebha e vicino al confine con la Nigeria, è il punto di partenza per molti dei migliaia di migranti che entrano in Libia ogni anno. Una volta a Sebha, i rifugiati vengono presi sotto il controllo di un “comandante” che fornisce loro cibo, riparo e protezione, prima di essere venduti come schiavi ad altri contrabbandieri o ad altri comandanti in varie città libiche. I rifugiati sono costretti a vivere in cortili aperti o in stanze fatiscenti senza adeguate strutture igienico-sanitarie. Un abitante di Sebha, nome di fantasia Ahmad, ha dichiarato ad al Jazeera che la prostituzione forzata è molto diffusa nella città. “Il quartiere di Abdel Kafi è una delle piazze principali della prostituzione”, ha detto Ahmad ad al Jazeera. Le persone vengono messe all’asta in città. “I libici non hanno problemi con i migranti africani”, ha detto Ahmad, aggiungendo che negli ultimi anni Sebha ha visto un consisnte afflusso di persone da paesi come Ghana, Camerun, Nigeria e Zambia, oltre che da Ciad e Niger. Mohamad Hasan, un cittadino libico e residente di Sebha, ha dichiarato ad al Jazeera di aver visto cinque donne vendute da un comandante a un altro, che le ha costrette immediatamente alla prostituzione. “Ho visto donne africane costrette a lavorare nei night club privati e a prostituirsi”, ha detto. Hasan, proprietario di un ristorante frequentato da migranti, ha affermato che “le donne sono particolarmente indifese e per la maggior parte sono bloccate in Libia senza un posto dove andare”.

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