Tutti contro Renzi, a partire da Alfano. E per lo ius soli tanto caro alla Boldrini si mette male…

8 Nov 2017 9:31 - di Ginevra Sorrentino

Tutti contro Renzi, a partire da Alfano, alleato di ferro che ha cominciato a scricchiolare giàprima della disfatta siciliana e che ora ha decisamente mostrato di voler recidere ogni legame, a partire proprio dal no dei centristi alleati del Pd allo ius soli. Del resto, come sotto gli occhi di tutti, la debacle elettorale del centrosinistra all’ultima prova delle urne non potrà non avere conseguenze sullo scioglimento del nodo ius soli che il centrosinistra ha congelato e che, come anticipato da Gentiloni a inizio estate, in autunno inoltrato sta per riproporre. E così, mentre il capogruppo dem Zanda lavora in sordina per cercare di definire numeri e contorni pragmatici, Genitloni fa melina in attesa di arrivare in area di rigore a segnare il punto a Palazzo Madama. Al momento il match che si sta giocando e che si deve portare a termine è quello sulla legge di Stabilità e anche lì non è detto che la debacle del centrosinistra in Sicilia non faccia sentire la deflagrazione della bomba scoppiata domenica 5 novembre.

Tutti contro Renzi, a partire da Alfano

Tempi duri per lo ius soli, insomma, un progetto tanto caro alla Boldrini e a buona parte del centrosinistra che però Genitloni, fin qui, si è visto costretto a rinviare, e di cui Renzi, al momento, sembra non voler parlare, tanto da evitare il discorso persino alla conferenza programmatica di Napoli, dove en passant l’ex premier si è limitato a sorvolare sullo scottante tema ribadendo che la proposta Pd è sempre quella, ma che sarà à il governo a decidere se e quando tornare alla carica per ripresentarla in agenda. Un agenda, a riguardo, suscettibile di ulteriori modifiche e depennamenti , se è vero che al momento, sullo ius soli Alternativa popolare sembra sempre più arroccata su posizioni distanti e di indisponibilità al dialogo, tali da ridisegnare gli schemi dei giocatori in campo fino ad ampliare la squadra dei frondisti decisi a dire no alla legge sulla cittadinanza a Gal e Ala.

Acque agitate in casa Ap e Pd

Acque agitate anche in casa Ap, dove per per l’11 novembre è segnata in calendario l’assemblea programmatica e dove la possibilità di uscire dall’esecutivo Gentiloni non è più così astratta e irrealizzabile. Lo ha ribadito in questi giorni Formigoni; lo sostengono un po’ più timidamente altri senatori in disaccordo con le scelte ratificate dal partito sull’isola e bocciate dagli elettori alle urne. Scelte che però Alfano rivendica un po’ forzosamente asserendo quanto di più difficile da credere in questo momento; e cioè di non avere  “alcun rimpianto”. Poi, però, per sedare i malumori in casa AP, il titolare del dicastero della Farnesina è costretto ad aggrapparsi alla matematica della legge – “la percentuale siciliana è superiore alla soglia di sbarramento nazionale che è del 3 per cento, a differenza di quella regionale che è del 5%” – ha ricordato Alfano – consolandosi come ha potuto… Argomenti che non convincono neppure gli alfaniani più irriducibili, e meno che mai i più oltranzisti tra i dem – orlandiani in testa a tutti – che in quel patto siglato con Ap in Sicilia individuano una delle cause dell’insuccesso elettorale; e che ora temono un bis dello stesso errore (disastro?) anche in vista delle politiche.

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