Tra arte e impresa, apre “Musia”: un nuovo mecenatismo trova casa a Roma
I 50 “tesori svelati” della collezione Jacorossi
La rassegna offre al pubblico, come recita lo stesso titolo, le opere della collezione della famiglia Jacorossi. Si tratta una cinquantina di pezzi, alcuni dei quali di notevole pregio, che costituiscono, spiegano i curatori, «una delle più note e dinamiche collezione romane di arte contemporanea». Si va da De Carolis a Balla, da Martini a Cagli, da Leoncillo a Colla, da Afro a Bargellini. E, ancora, Edita Broglio, Di Cocco, i Ferrazzi, Janni. Ed è soprattutto il carattere privato della collezione e dello stesso allestimento di Musia a rendere interessante l’apertura di questo nuovo spazio, che si connota nei fatti come una edizione in chiave moderna dell’antica e proficua esperienza del mecenatismo. Musia nasce dalla volontà dell’imprenditore e collezionista Ovidio Jacorossi di mettere “in circolo” le sue attitudini professionali e culturali, dando vita a quello che si propone di diventare «uno dei luoghi di riferimento per lo sviluppo della società civile della città». Un progetto che ruota intorno all’idea che «rendere accessibile l’arte contemporanea al maggior numero possibile di fruitori» rappresenti uno slancio per la creatività non sono della «persona», ma anche dell’«impresa».
Fare sistema intorno all’arte (e non solo)
Il visitatore di Musia, quindi, non è pensato come spettatore “passivo”, ma come co-protagonista di un momento sociale – e di crescita sociale – che si sviluppa tra eventi, esposizioni, intrattenimento e aggregazione intorno alle arti creative largamente intese (arte, ma anche moda, musica, architettura) e al loro indotto. Il tutto in una location ricca di fascino, dove la storia della famiglia Jacorossi si innesta sulle stratificazioni della storia romana. Musia nasce nel luogo in cui il nonno di Ovidio, Agostino, nel 1922 iniziò la sua avventura imprenditoriale con un piccolo negozio di carbone. Ma i suoi mille metri quadri, ristrutturati dall’architetto Carlo Iacoponi, si sviluppano su elementi architettonici di epoche diverse, dall’età romana al Rinascimento, ognuno rivisitato in modo da renderlo funzionale alla sua nuova vita. Così la Galleria 7, dedicata all’esposizione della collezione Jacorossi, si affaccia sul cortile cinquecentesco attribuito a Baldassarre Peruzzi, mentre le Sale di Pompeo, dove una installazione video rievoca l’assassinio di Cesare, sorgono sui resti dell’omonimo teatro romano. Con la Galleria 9, inoltre, uno spazio sarà dedicato alla vendita di opere d’arte, fotografia e oggetti di design, mentre i visitatori potranno intrattenersi sulla terrazza interna, al wine bar o nella “Cucina”, che offre «coffee&food» e una curiosità che chiude il cerchio della vocazione artistica del luogo: lo chef, Ben Hirst, è laureato in storia dell’arte alla Manchester University.