Scuola, manganellate ai prof nel silenzio generale. Governo alla frutta

11 Nov 2017 12:08 - di Redazione

Chissà perché, in Italia finiscono sotto i riflettori solo le cariche ai cortei degli studenti. Se il corteo è organizzato dai docenti – che hanno molte più ragioni di lagnarsi degli studenti – il trattamento riservato è molto diverso.

Infatti quasi nessun giornale oggi si è preso la briga di dare risalto alle cariche della polizia davanti al Miur (ministero dell’Istruzione in viale Trastevere) contro un corteo formato da docenti e personale scolastico. I manifestanti, senza passamontagna e con le barbette ingrigite dall’età, volevano forzare il blocco degli agenti e trasformare il loro presidio in un corteo non autorizzato.

Gli agenti hanno eseguito gli ordini e ovviamente sul loro comportamento c’è poco da dire. Resta però sconcertante il fatto che nessuno abbia voluto dare risalto alle motivazioni che avevano condotto i docenti sotto il ministero.

C’erano infatti più di un centinaio di persone riunite sotto le sigle di Cobas, Unicobas e Usb: tra di essi i docenti, ma anche il personale Ata. I manifestanti chiedono al governo sempre la stessa cosa: la cancellazione della Buona Scuola, ossia la Legge 107 approvata dall’esecutivo di Matteo Renzi.

Il leader dei Cobas Piero Bernocchi la mette così: «Gli scioperanti della scuola hanno ribadito il rifiuto delle ridicole proposte governative che prevedono per docenti ed ATA, dopo 10 anni di blocco contrattuale, un’elemosina di 50 euro mensili, mentre per i presidi un aumento di 500 euro, respingendo l’obbligo assurdo di 400/200 ore di alternanza scuola-lavoro, i quiz Invalsi, la chiamata diretta e i ‘bonus’ decisi dai dirigenti per formare una “corte” di succubi”».

A di là delle sigle che organizzano scioperi e sit-in il punto dolente è sempre lo stesso: lo stipendio inadeguato degli insegnanti italiani, che si aggira sulle 1300-1400 euro al mese. L’aumento sul quale si sta trattando dopo dieci anni sarà pari a 40 euro circa, il che stride con le promesse reiterate da vari governi sulla valorizzazione del corpo insegnante. Ormai i professori sono solo ingranaggi di un complicato meccanismo burocratico, sui quali gravano responsabilità che vanno ben oltre il loro compito educativo: dal muro scrostato al controllo della merendina fino alla necessità di fronteggiare schiere di genitori pretenziosi e ignoranti. La politica, anziché reagire al degrado dell’istituzione-scuola, puntando sui docenti, sulla loro qualità e formazione, sembra avere scambiato la scuola per una sorta di parcheggio multidisciplinare dove le famiglie tengono i ragazzini in alternativa alle baby sitter. Una deriva difficilmente arrestabile, soprattutto se arrivano anche le manganellate ai professori anziché ai vari ministri dell’Istruzione che non hanno fatto nulla per arginare questa decadenza.

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