Scalfari su Berlusconi corregge il tiro: cari lettori, non potrei mai votare Silvio
Eugenio Scalfari si era sottoposto al gioco della torre nel salotto di Giovanni Floris nel corso della trasmissione Dimartedì. Aveva detto che tra Luigi Di Maio e Silvio Berlusconi avrebbe votato per il secondo. Un endorsement che ha provocato un terremoto, e in particolare la delusione di tutti quegli affezionati lettori di Repubblica che proprio in Scalfari e nel giornale da lui fondato intravedevano un baluardo al berlusconismo dilagante.
E’ accaduto così che mentre gli elettori dei centrodestra lo applaudivano, quelli di centrosinistra assistevano sconcertati alla sua “conversione”. Sicché Scalfari è corso ai ripari con l’editoriale odierno: “Cari Lettori, non cadete nell’inganno di chi sfrutta una domanda paradossale (“Chi voterebbe tra Di Maio e Berlusconi?”) per sostenere che avrei cambiato posizione su Berlusconi: non l’ho mai votato e ovviamente non lo voterò mai”.
E giustifica così le sue dichiarazioni: “Rispondendo a una domanda sull’ingovernabilità, ho detto che in caso di estrema necessità per superare una situazione paralizzante per il Paese il Pd (per il quale io ho sempre votato, dai tempi di Berlinguer, dell’Ulivo prodiano e infine di quello costruito da Walter Veltroni) potrebbe essere costretto, come già successo in passato, a un’intesa non di natura politica con Forza Italia, sempreché si separasse da Salvini”. “Ho poi detto – continua Scalfari – che ai miei occhi sia Di Maio che Berlusconi sono populisti, ma che il populismo del secondo ha perlomeno una sua sostanza”. Quindi sottolinea che la sua risposta era riferita al tema della ingovernabilità: “La mia risposta nella trasmissione televisiva a Floris era chiaramente motivata da quanto sta accadendo: se l’ingovernabilità prosegue così come le previsioni e i sondaggi attuali confermano, la maggioranza relativa sarà certamente del centrodestra, Salvini compreso ed anche preponderante…”. In pratica dunque Scalfari avrebbe proposto una riedizione del patto del Nazareno tra Pd e Forza Italia per salvare il salvabile, ossia per dotare il Paese di un governo e relegare ai margini i Cinquestelle.