Pressing sul Papa anche dall’Onu: non parlare della presecuzione ai Rohingya
Nel corso della sua visita di tre giorni in Myanmar, prevista per la prossima settimana, è improbabile che papa Francesco parli dei Rohingya, la minoranza musulmana perseguitata nel Paese. Lo ha affermato alla Dpa padre Mariano Soe Naing, portavoce della Conferenza episcopale del Myanmar. Più di 600.000 Rohingya sono fuggiti in Bangladesh a causa della persecuzione – che l’Onu ha definito “pulizia etnica da manuale” – da parte dell’esercito birmano, iniziata dopo gli attacchi terroristici del 25 agosto dell’esercito per la liberazione dell’Arakan (Arsa). I principali gruppi internazionali per i diritti umani hanno chiesto a Francesco di parlare a favore dei Rohingya e riconoscere il loro diritto all’autodeterminazione. Ma il Papa, vista la “complessità” della questione, potrebbe seguire i consigli del cardinale birmano Charles Bo e dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, che ha presieduto una commissione consultiva indipendente per risolvere il conflitto tra buddisti e musulmani nello stato di Rakhine. È più probabile, ha detto Soe Naing, che Francesco affronti il tema della riconciliazione, del perdono e della pace sullo sfondo delle lunghe guerre civili del Paese e della sua transizione democratica. Bergoglio, che visiterà il Myanmar dal 27 al 30 novembre e il vicino Bangladesh dal 30 novembre al 2 dicembre, è considerato un forte difensore dei diritti umani e dei rifugiati e all’inizio di quest’anno ha parlato contro “la persecuzione dei nostri fratelli e sorelle Rohingya” e ha difeso il loro diritto a “vivere la loro cultura e la loro fede musulmana”.