Pavia, il prefetto Visconti vieta il corteo per ricordare il missino Zilli

5 Nov 2017 18:47 - di Massimiliano Mazzanti

Giunto fresco fresco dalla sede di Pisa, lasciata in piena estate, Attilio Visconti, nuovo prefetto di Pavia, non ci ha messo molto tempo per manifestare la sua piena adesione all’ossessione antifascista che sembra pervadere, oramai, anche alcuni rappresentanti di alte istituzioni della Repubblica. Ha vietato il tradizionale corteo per ricordare il martire missino Emanuele Zilli. E, perdipiù, il 31 ottobre scorso ha costituito, in seno alla Prefettura lombarda, il primo – e si spera anche unico – “Osservatorio permanente antifascista“, al quale ha invitato a partecipare, sotto la sua personale direzione, rappresentanti del Comune di Pavia, della Provincia di Pavia, delle organizzazioni sindacali e – addirittura – esponenti di una a sedicente “Rete antifascista Pavia“.

A cosa possa mai servire un tale, grottesco organismo è lo stesso prefetto Visconti a spiegarlo: <L’attività dell’osservatorio – si legge in una nota della Prefettura – sarà indirizzata ad organizzare i principali eventi nazionali quali il 2 giugno, il Giorno della memoria, il 25 aprile e il primo maggio>.

Molto ci sarebbe da obiettare, a fronte di tanta, solenne, vuota retorica resistenzialista, a partire dall’incredibile esplicita politicizzazione della Festa del Lavoro. Ma tant’è… E l’Osservatorio permanente antifascista non ha mancato di mettersi subito in funzione, tradendo, però, esattamente la sua natura faziosa, non priva anche di una massiccia dose d’ignoranza storica, politica e culturale.

Il primo provvedimento assunto da questo superfluo organismo è stato infatti, quello di vietare il tradizionale corteo che, da anni, commemora il barbaro assassinio di Emanuele Zilli, operaio missino assassinato il 5 novembre 1973 proprio a Pavia.

Nato a Fano Adriano, nel Teramano ed emigrato a Pavia, cugino dell’allora direttore di Famiglia Cristiana, Emanuele Zilli, a 25 anni, ha già una moglie e due bambine di uno e due anni. Lavora, per mantenere tutta la famiglia, come operaio presso uno spedizioniere di Pavia, la ditta Bertani. E fa politica con l’Msi in quegli anni in cui essere un militante di destra significa rischiare ogni giorno le botte, il carcere e, purtroppo, anche la morte. E’ ciò che accade a Zilli. Siamo nel 1972 e il militante missino viene aggredito una prima volta, in piazza Castello, a Pavia. Una settimana dopo – è il 5 dicembre del 1972 – stessa sorte, ma in piazza Vittoria. Lui e altri ragazzi dell’Msi stanno attaccando alcuni manifesti quando vengono aggrediti da un gruppo di facinorosi del Partito comunista marxista-leninista e stanno per essere sopraffatti. Uno dei ragazzi missini, impaurito, a quel punto, tita fuori una pistola ad aria compressa e spara ferendo al gomito Carlo Leva, militante del Partito comunista marxista-leninista che è nel gruppo degli aggressori dei ragazzi missini. La faccenda non finisce lì: prelevato successivamente sotto casa da un gruppo di extraparlamentari di sinistra, Emanuele Zilli viene picchiato selvaggiamente. I testimoni racconteranno l’episodio sostenendo di aver visto <un gruppo di trenta persone accanirsi contro un singolo>. Due medici del Policlinico dove Zilli sarà ricoverato per le gravi ferite riportate saranno denunciati per la prognosi redatta che porta il ragazzo ad essere dimesso subito dal nosocomio e, poi, perfino arrestato dalla polizia. Sarà scagionato completamente ma, oramai, il suo destino è segnato. Perfino Lotta Continua gliel’ha giurata. Sotto casa spuntano quelle scritte inquietanti che negli anni ’70 hanno spesso anticipato gli omicidi politici: “Zilli sei il primo della lista”.

Un anno dopo, il 2 novembre, è un venerdì, Emanuele Zilli esce dal lavoro alle 18.30 inforcando il suo Malaguti 50 per tornare dalle sue bimbe e dalla moglie Giuseppina. Ma a casa non arriverà più vivo. Qualcuno lo vede pedalare su quel ciclomotore che, a malapena, fai i 30 all’ora. Lo ritroveranno a terra, in via Fratelli Scapolla, un occhio pesto, un segno come di “incravattamento” sul collo, il motorino poco distante. E’ l’evidente simulazione di un incidente stradale, come se Zilli fosse rimasto vittima di un pirata della strada. E, incredibilmente, la questione verrà chiusa proprio così. Sull’asfalto non c’è alcuna traccia di un eventuale scontro.
Zilli resta agonizzante per tre giorni in ospedale. Morirà, senza mai aver ripreso conoscenza, la mattina del 5 novembre 1973.
La moglie Giuseppina rimarrà vedova a 22 anni. E, inutilmente, supplicherà un’indagine seria per capire com’è morto il suo giovane marito.
Patrizia e Vincenza, le due bimbe, non riabbracceranno mai più quel padre che a 25 anni si spacca la schiena ogni giorno per dare loro un futuro migliore.
Molti giornali si interrogano su quella morte a dir poco strana. Zilli rimarrà un morto di nessuno. Le perizie redatte dicono tutto e il contrario di tutto.
Il suo avvocato, Carlo Dell’Acqua, scomparso a gennaio di quest’anno, sarà feroce una volta acquisito l’esito della perizia sul corpo del povero Zilli: <Emanuele Zilli fu vittima di numerose aggressioni sul lavoro, sulle piazze, nella sua stessa dimora. Oggi è il simbolo di una categoria di persone che una corrotta società, per fortuna ormai alle corde, ha relegato tra i nemici del vivere civile. Nella morte di Zilli c’è l’infamia della pavidità e della vigliaccheria. La morte fu solo l’epilogo: le cause immediate sono poca cosa di fronte a quelle mediate che hanno fatto della sua vita un calvario>.

Ora, a distanza di 45 anni dalla morte di Zilli, l’ultimo affronto. Con un atto anche dubbio dal punto di vista giuridico-formale – le manifestazioni pubbliche, di norma, sono vietate dai questori, non dai prefetti e solo per esigenze di ordine pubblico – la Prefettura ha imposto che l’altra sera si potesse svolgere solo un presidio in ricordo del martire missino Emanuele Zilli, concedendo anche – con ulteriore atto, a dir poco inaudito – alla “Rete antifascista Pavia” di allestire, contemporaneamente, un manifestazione di segno opposto.
Insomma, un duplice provvedimento che suona coma un vero e proprio insulto alla memoria di Zilli e che squalifica, senza attenuanti, l’esordio del Prefetto Visconti e del bizzarro “Osservatorio permanente antifascista” a cui ha il rappresentante del governo ha dato vita.

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