Meglio Berlusconi o Di Maio? Severgnini con il Caimano, l’Annunziata con il grillino

24 Nov 2017 12:09 - di Romana Fabiani

Chi butteresti giù dalla torre? Un vecchio Caimano (ma sempre in forma) come Silvio Berlusconi o il rampante (e gaffeur) Massimo Di Maio? È il gioco proposto dal Fatto quotidiano a giornalisti, intellettuali e artisti di fama dopo la conversione scalfariana al berlusconismo «(meglio il Cavaliere con il suo populismo di sostanza», ha detto il fondatore di Repubblica) che ha destato clamore e sconcerto tra gli scalfariani doc. Tanto che c’è chi, come Ottavia Piccolo, si sente orfana, priva di punti di riferimento storici come il saggio Eugenio, «se i padri nobili ci abbandonano così, sitamo freschi…».

Chi voteresti come premier il Cavaliere o il grillino dei miracoli annunciati? Giampaolo Pansa si rifiuta di prendere posizione: «È un’alternativa che non accetto». Discorso chiuso. Massimo Cacciari sembra occhieggiare per il candidato Cinquestelle, perché non è scientificamente possibile sapere come governerebbero mentre del leader di Forza Italia si sa tutto. Insomma i grillini «sono un grande rischio» ma nessuno può sapere se farebbero peggio del Cavaliere.

Enrico Mentana confessa di non votare da decenni e non sembra interessato a interrompere questa abitudine per votare Di Maio (o Berlusconi se potesse ricandidarsi). Gianni Vattimo, invece, è d’accordo con il giudizio di Scalfari: «C’è una quantità di cose di contorno che mi farebbero preferire Berlusconi. Tutti lo conosciamo meglio di Di Maio e il male conosciuto è meno pericoloso dello stravagante. Io non so chi sono i Cinquestelle, non so cosa sanno fare, non so cosa pensano». Anche per il vignettista Sergio Staino, in questa situazione, l’uomo di Arcore è il male minore. «Sia lui che Di Maio hanno qualità negative e pericolose, ma un “mostro” Berlusconi-Renzi mi pare meno spaventoso di un “mostro” Di Maio-Salvini».

Lucia Annunziata è costretta ad ammettere, con un certo dolore, di essere per la prima volta in disaccordo con Barbapapà. «Con Berlusconi restano in campo i due grandi problemi dell’anomalia italiana, il fatto che Forza Italai sia un partito padronale e il conflitto di interessi. I Cinquestelle hanno rinnovato il Parlamento con il 25 per cento di volti nuovi e parlano di politica a gente che non ne poteva più»,

Beppe Severgnini, non certo un berlusconiano doc, ripete quanto detto a Otto e Mezzo: «Preferisco il passato discutibile di Berlusconi al futuro imprevedibile che avremmo con Di Maio. È come sedersi a tavola e sentirsi chiedere se preferisce la pasta cruda o la pasta scotta però…». Fausto Bertinotti, neanche a dirlo, voterebbe Di Maio. Obtorto collo, s’intende. «Se proprio fossi costretto a scegliere e mi fosse negata la possibilità di astenermi, preferirei i Cinquestelle per due motivi: sarebbe un voto di contestazione, contro le classi dirigenti e contro la religione della stabilità». Piero Ignazi si sottrae al derby: i grillini sono un fenomeno poco chiaro, anche per loro responsabilità, quindi non attribuisce molta importanza alla frase detta da Scalfari in un contesto televisivo. «Non mi stupisce il suo moto di stizza nei confronti del M5S».

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