L’Italia dice addio ai Mondiali. Ora è già psicodramma nazionale
Non è bastata la generosità degli Azzurri guidati da Gian Piero Ventura a cambiare un destino che sembrava già scritto dopo l’uno a zero patito in Svezia. Sono bastati undici scarpari scandinavi a buttarci fuori dai Mondiali di Russia 2018. L’Italia ha giocato 90 minuti (più recupero) costantemente all’attacco. Ma ciò non è bastato a staccare il biglietto per la grande kermesse del calcio della prossima estate. I calciatori italiani hanno dato l’anima, ma la porta svedese sembrava stregata. Troppi tiri imprecisi, poca lucidità in attacco, un arbitraggio forse non impeccabile, una buona dose di sfortuna hanno inesorabilmente condannato l’Italia all’irrilevanza calcistica. Ora comincia il processo al Ct e agli stessi Azzurri, che hanno tirato fuori il cuore e la grinta quando era ormai troppo tardi.
Per l’Italia non partecipare ai Mondiali di calcio è un vero e proprio trauma. Non succedeva dal 1958, quado fummo eliminati dall’Irlanda del Nord. Lo zero a zero di San Siro brucia come un’onta. Gian Piero Ventura è in questo momento uno degli italiani meno popolari. Ma, al di là dalle sue scelte discutibili, rimane il fatto che ha guidato la Nazionale in un momento assai poco brillante per il calcio italiano.
Come spesso accade, una disfatta calcistica diventa lo spunto per un vero e proprio psicodramma nazionale. L’eliminazione dai Mondiali arriva in un momento di scarsa autostima italiana e di pessimismo collettivo. La sconfitta sul campo di gioco è motivo di depressione collettiva. E già sono da immaginare gli editoriali dall’umor tetro in preparazione nelle redazioni dei giornali. Ma questa, in fondo, è una vecchia storia: come disse Winston Churchill in un sarcastico aforisma “gli italiani perdono le partite di calcio come fossero guerre e perdono le guerre come fossero partite di calcio”.