Le motivazioni della Cassazione su Pantani: improponibile tesi dell’omicidio
L’omicidio del ciclista Marco Pantani è una tesi «improponibile». E «legittimamente» il gip di Rimini nel 2016 aveva archiviato le indagini sulla sua morte dichiarando che le prove disponibili rendevano, appunto, «improponibile e congetturale la tesi di un omicidio volontario compiuto da ignoti», come sostenuto, invece, dai familiari del “Pirata“.
E’ la Cassazione a mettere un punto fermo al caso del celebre ciclista depositando le motivazioni della sentenza con cui ha dichiarato «inammissibili» i ricorsi presentati dai genitori di Marco Pantani contro il decreto del gip che aveva disposto l‘archiviazione per «infondatezza» del loro esposto in cui si chiedeva la riapertura delle indagini.
Secondo la Cassazione «legittimamente» il gip ha valutato «gli indizi a disposizione» che portavano alla conclusione che il ciclista «si trovava da solo nella stanza» del residence “Le Rose” di Rimini e che «era impossibile per terzi accedervi». Confermata quindi la conclusione delle indagini, che hanno ritenuto che la morte di Pantani sia stata causata «da una accidentale, eccessiva, ingestione volontaria di cocaina precedentemente acquistata».
Per la madre dello scalatore, invece, due sarebbero, principalmente, le questioni che non tornano: le firme apposte per prelevare i soldi che Pantani avrebbe, poi, utilizzato per acquistare la cocaina sarebbero, secondo la donna, falsificate. E, sostiene ancora la madre del “Pirata“, non c’era traccia di droga nella camera del residence “Le Rose” di Rimini, come, invece, sarebbe logico aspettarsi nella stanza di un tossicodipendente che ne fa uso abituale. Infine, secondo Tonina Pantani, suo figlio non era dipendente dalla cocaina, né voleva suicidarsi.