La trattativa Ilva piomba nel caos: il governatore Emiliano fa infuriare tutti
Secondo brusco stop al tavolo di confronto tra Arcelor Mittal e Fim Fiom e Uilm sull’acquisizione dell’Ilva: dopo l’alt imposto ad avvio vertenza ad Am Investco per la mancanza di garanzie salariali e contrattuali per i lavoratori del gruppo, oggi il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, alla luce del ricorso al Tar presentato ieri dalla Regione Puglia contro il Dpcm sul piano ambientale, congela il tavolo di trattativa in attesa che si chiarisca il quadro. “Sono inutili i tavoli finché non é chiara la situazione. Se il Tar di Lecce accoglie l’impugnativa, l’amministrazione straordinaria dovrà procedere allo spegnimento dell’Ilva”, spiega annunciando la decisione nel corso di un convegno Cgil-Fiom proprio sull’acciaio. E se la vertenza già procedeva a rilento per l’annunciato supplemento di indagine da parte dell’Antitrust europeo, che avrebbe potuto creare non poche difficoltà alla trattativa italiana, ora il ricorso della Puglia azzoppa pesantemente il tavolo e profila scenari preoccupanti per l’occupazione del territorio. “Speriamo che ora gli investitori non scappino”, dice ancora preoccupato Calenda che parte a testa bassa contro la decarbonizzazione dell’Ilva invocata più volte dallo stesso governatore della Puglia, Michele Emiliano, come l’unica alternativa ambientale percorribile. “È una balla, una fuga dalla realtà fatta sulle spalle dei 15 mila lavoratori. Chi pensa che l’Ilva possa andare senza carbone sta dicendo una balla colossale, perché non esiste in nessun posto al mondo che si possa produrre quelle quantità di acciaio con il gas. Chi ipotizza l’Ilva decarbonizzata fa solo una battaglia ideologica”, spiega chiedendo alla Regione e al Comune di Taranto di giocare a carte scoperte: “così si costruiscono le campagne elettorali. Si prendano invece le proprie responsabilità e dicano chiaramente che vogliono che l’Ilva chiuda”. Una doccia fredda d’altra parte quella del ricorso della Regione Puglia dopo che il Mise aveva aperto, al termine di una lunga coda di polemiche, un tavolo istituzionale e di approfondimento locale, soprattutto per Taranto e Genova, sedi dei maggiori impianti Ilva, da tenersi in parallelo alla vertenza sindacale tra Arcelor e i metalmeccanici. Una soluzione adottata nei giorni scorso e che aveva decisamente “soddisfatto” lo stesso Emiliano che però aveva continuato a condizionare la revoca del ricorso a “una modifica del Dpcm” che acquisisse le sue osservazioni al piano ambientale. E il ricorso preoccupa la stessa Federacciai che sostiene Calenda nella scelta. “Il ricorso al Tar rischia di trasformarsi in un disastro. Ancora una volta la prova di come questo Paese sia inagibile per gli investimenti esteri”, commenta ancora. Ma la mossa del governatore della Puglia non convince neppure uno dei sindacati seduto al tavolo delle trattative. Né la Cgil, “da Emiliano una scelta sbagliata, ritiri il ricorso” dice senza mezzi termini il segretario confederale Maurizio Landini, nè la Fiom, “siamo in una fase delicata della trattativa e la decisione di Emiliano non è un fatto positivo”, ma neppure la Cisl di Annamaria Furlan e la Fim di Marco Bentivogli. “È un grave errore. Sono in ballo 20 mila posti di lavoro la cui sopravvivenza è legata al piano di risanamento industriale che deve coniugare l’occupazione e la tutela dell’ambiente e della salute”, dice il leader Cisl mentre le tute blu parlano di “un atto irresponsabile”. Così la Uilm. “Il ricorso al Tar Puglia contro il decreto è un errore per il quale c’è ora il rischio concreto che salti l’unica possibilità di risanamento ambientale nello stabilimento del capoluogo ionico”, dice Rocco Palombella. Il piano di rilancio dell’Ilva al centro delle trattative prevede investimenti complessivi per 2,4 mld di euro nell’arco dei prossimi 7 anni di cui 1,25 mld per investimenti industriali e 1,15 mld di investimenti ambientali mentre è dei giorni scorsi la decisione dei Commissari straordinari di procedere dal gennaio 2018 alla copertura dei parchi minerari attingendo al fondo di decontaminazione per un importo pari a 300 milioni di euro che la nuova proprietà rifonderà successivamente. Pronta la replica del governatore pugliese: se il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda cerca “un capro espiatorio” in vista del probabile “fallimento” della programmata aggiudicazione dell’Ilva alla cordata guidata da Arcelor Mittal, “ha sbagliato indirizzo. Non sa bene con chi ha a che fare”. Così il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, risponde, a Bruxelles a margine dell’assemblea per il decennale di Nereus, ad una domanda sulle ragioni del confronto in atto con il governo centrale.