Italia “scippata” della sede dell’Ema, emerge la verità: fu colpa di Gentiloni

27 Nov 2017 15:40 - di Monica Pucci

Era stato il sito di informazione giornalistica e gossip, Dagospia, a provare a fare un po’ di chiarezza sulla mancata assegnazione a Milano della sede dell’agenzia europea del farmaco, ponendo – in assoluta solitudine – molti dubbi sul fatto che contro la candidatura italiana per l’Ema abbia giocato solo la… fatalità del sorteggio. Altro che cattiva sorte, il problema sarebbe stato il governo italiano, superficiale e distratto nella gestione del dossier.

Lo ha scritto, proprio su Dagospia, l’ex funzionaria di Bruxelles, Caterina Ronchieri, che ha lavorato nel gabinetto di Franco Frattini per 8 anni, sia quando era Vicepresidente della Commissione Europea, sia quando è stato Ministro degli Esteri (2008-2011).  «Proviamo a dire la verità. Sul caso EMA se ne stanno dicendo di tutti i colori. L’Italia sta pagando, e a carissimo prezzo, la mancanza di un Governo forte, che sia legittimato dal voto ad agire nei propri interessi e che abbia la voglia e l’energia per farlo. Il Governo Renzi ha scelto un portafoglio, cioè quello di Alto Rappresentante della politica estera dell’Unione, che non esiste. Non ha nessun peso, perché non esiste una politica estera comune, ogni Stato in questa materia è indipendente e sovrano. Piaccia o meno, indipendentemente da come la si pensi, il fatto di non aver appoggiato le carriere dei nostri funzionari e di aver tralasciato di occuparsi di Bruxelles ci ha portato ad essere dei paria sulla scena europea», ha scritto la Ronchieri, secondo cui “ce la siamo colpevolmente giocata ai dadi con Amsterdam, che era molto più debole di noi”.

«A negoziare ci hanno mandato il sottosegretario agli affari europei, che sul piano protocollare non conta niente di niente. Non il premier, e nemmeno il ministro degli esteri. Vedendo la composizione della delegazione già si capiva che avremmo perso. Un sottosegretario non può promettere niente, neanche lo sentono. Perché Gentiloni non era li, a chiedere i voti uno ad uno? E’ spaventoso, i ministri non parlano con i sottosegretari, tra l’altro senza portafoglio. Sono errori talmente grossi e grossolani che pare anche difficile pensare che sia successo per caso. Almeno il coraggio di provarci e di metterci la faccia. Il Governo non ha fatto nemmeno quello».

Tajani conferma: «Siamo deboli a livello internazionale»

In una lunga intervista di Milena Gabanelli ad Antonio Tajani sul Corriere della Sera, il presidente del parlamento europeo risponde così a quetsa domanda: “Nei corridoi si dice che la Merkel la chiama su ogni singola norma e fa pressioni, noi invece andiamo a Bruxelles mentre pensiamo alla Sicilia. Che al posto dei ministri mandiamo il numero due dell’ Ambasciata a confrontarsi con la Cancelliera, e lei lo fa nero. Che il presidente del Consiglio non è andato ai funerali di Kohl e ai tedeschi non è piaciuto. E agli spagnoli non è piaciuto non essere invitati al vertice di Ventotene, e se avessimo promesso una solidarietà più decisa sulla Catalogna, mai avrebbero votato per l’ Olanda. Che il sottosegretario Gozi dovrebbe stare a Bruxelles tutto il tempo, a negoziare, come fanno i francesi e i tedeschi, e non ogni tanto. Insomma abbiamo pagato le nostre incapacità di fare sistema. È vero?

«Non intendo criticare singole persone, dico soltanto che noi non ci rendiamo conto che le grandi decisioni si prendono sempre di più a Bruxelles, e meno a Roma. Siamo sempre troppo preoccupati di quello che succede a Casalecchio di Reno o a Velletri, mentre qui non abbiamo una vera presenza organizzata, e questo si riflette su tutto, non solo sull’ Ema. I deputati europei invece di stare qua, si preoccupano del loro collegio, le pare normale? I tedeschi comandano perché sono più presenti, più efficaci, combattono sullo zero virgola, cosa che noi italiani non facciamo. Lo spazio bisogna conquistarselo».

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