Il mistero di Laika, ennesima vittima innocente del comunismo sovietico

3 Nov 2017 18:59 - di Antonio Pannullo

Quella di Laika fu uno degli choc più grandi per l’Occidente: quando, 60 anni fa, il mondo apprese della fine straziante della cagnolina sovietica, “eroina del progresso”, lanciata sullo Sputnik sapendo che non vi sarebbe stata mai possibilità di ritorno, molti inorridirono, e fu allora che si accesero i riflettori sul problema delle cavie animali utilizzate per la scienza. Ma su Laika (“piccolo abbaiatore” in russo), regna tutt’oggi il più fitto mistero: quello che si sa è che era un bastardino di circa tre anni accalappiato nelle strade di Mosca, e affiancato ad altri due cani individuati per il lancio. Era forse un incrocio tra un Siberian Husky e e un terrier, anche se qualcun altro dice che era un Samoiedo. Contestualizzando i tempi, va ricordato che nel 1957 si era in piena Guerra Fredda tra Usa e Urss, e che la gara per lo spazio era anche un simbolo di prestigio. Mosca per la verità affrettò i tempi, lanciano lo Sputinik – così si è detto negli anni successivi –  in fretta e furia, sulla base di progetti improvvisati. Secondo la memorialistica, Laika sarebbe morta a poche ore dal decollo per stress termico: l’impianto di regrigerazione si ruppe e vi furono bruschi sbalzi di temperatura che, unitamente allo choc del decollo e dell’assenza di gravità, condussero la cagnolina alla morte. Va anche detto che non solo i sovietici, ma anche gli americani, negli anni successivi, utilizzarono animali per vedere come reagiva un mammifero ai lanci nello spazio: cani, topi, porcellini d’India, rane a quant’altro furono lanciati negli abissi siderali. E qualcuno ritornò anche, come le russe Belka e Strelka, tornate a terra incolumi nel 1960.

L’Enpa propone una giornata dedicata agli animali uccisi

“Trasformare il 3 novembre in una giornata dedicata a tutti gli animali uccisi dall’uomo per i lanci nello spazio, per i laboratori di ricerca, per gli allevamenti, per le strutture della cattività”. E’ questa la proposta della presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi, alla vigilia dei 60 anni della morte della cagnolina Laika avvenuta il 3 novembre 1957 con il lancio dello Sputnik 2. “Se la cagnetta Laika avesse potuto decidere per sé – sostiene Rocchi in una nota – avrebbe scelto di vivere. Se la cagnetta Laika avesse potuto decidere per sé, non avrebbe mai scelto di entrare nella storia come il primo essere vivente a conquistare lo spazio. E a morirci”. “In questa storia – prosegue – che viene spesso citata come il simbolo dello spirito pioneristico dell’uomo e del nostro desiderio di conoscenza, non c’è nulla di edificante. Laika è il simbolo della nostra volontà di dominio sulle altre specie, perché non c’è nulla di nobile nel condannare a morte una cagnolina, costretta a morire in modo atroce in un ambiente innaturale”. “E tutte quelle celebrazioni postume – aggiunge Rocchi – dai francobolli alla fotocomposizioni evocative, mi sembrano decisamente ipocrite; un tentativo non riuscito di pulire le nostre coscienze. Laika non simboleggia altro se non la volontà di potenza che la nostra specie ha la pretesa di esercitare su ogni altro vivente. Una violenza sconfinata di cui soltanto gli uomini sono capaci”, conclude la presidente nazionale Enpa.

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