Graziani, condannato il sindaco di Affile. L’Anpi: ora demolire tutto

7 Nov 2017 19:06 - di Redazione

Il sindaco di Affile Ercole Viri e due assessori, Giampiero Frosoni e Lorenzo Peperoni, sono stati condannati rispettivamente a otto e sei mesi di reclusione per apologia di fascismo per aver realizzato nel piccolo comune della Valle Aniene un sacrario dedicato al ministro della guerra della Repubblica sociale, il maresciallo Rodolfo Graziani, originario di Affile. Il monumento, pagato con fondi regionali, venne inaugurato nell’estate del 2012. La procura di Tivoli aveva chiesto per il sindaco due anni di reclusione e un anno e sette mesi per i due assessori, oltre al versamento di 500 euro di multa. ”Abbiamo appreso con grande soddisfazione la notizia della sentenza che condanna il sindaco di Affile e due assessori, rispettivamente a otto e sei mesi, per la costruzione del Monumento al generale fascista Graziani, responsabile di efferati crimini contro l’umanità in Italia e nel mondo” – sottolinea ovviamente l’Anpi in una nota – L’Anpi chiede anche che il monumento sia demolito, perché “il fascismo non va onorato in nessun modo”. Peccato che con le sue inifinite opere pubbliche il fascismo si onori da solo ogni giorno. Quanto a Graziani, combatté nelle nostre colonie, ricoprendosi di gloria, come attestano le sue numerosissime decorazioni e riconoscimenti, tra cui due medaglie d’argento e due di bronzo. Ha combattuto in tutte le guerra dalla Italo-turca in poi, fu perseguitato alla fine della guerra per il suo ruolo nella Repubblica Sociale Italiana, incarcerato e poi liberato. Ha scritto una ventina di libri, tra cui Ho difeso la patria. La strategia dell’odio e della demolizione della memoria sembra continuare a essere la strada maestra dell’Anpi, che rifiuta ogni bovolta una autentica pacificazione nazionale, pur di non riconoscere gli efferati crimini di alcuni partigiani.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Giovanni d'Erasmo 6 Gennaio 2018

    I numerosi ed efferrati crimini di guerra commessi da Graziani in Etiopia e in Libia sono stati riconosciuti dall”ONU. Tra essi basti ricordare i bombardamenti sugli ospedali di campo della Croce Rossa, l’uso dell’Iprite nelle operazioni militari contro le truppe Etiopi che difendevano il diritto alla propria liberta’ e indipendenza, cos’i come contro villaggi abitati da popolazione civile innocente, lo sgozzamento di 1.400 religiosi cristiani (preti e i diaconi) di Debrà Libanòs ordinato al generale Pietro Maletti, l’eccidio di 30.000 civili di Addiss Abeba in seguito al fallito attentato contro la sua persona ordito da un piccolo gruppo di patrioti etiopi, e moto altro ancora. Ignorare questi fatti storici appurati da una notevole e dettagliata documentazione ormai nota a tutti significa essere in profonda malafede. Se si vuole esercitare la professione del giornalismo con serieta’ bisogna innanzi tutto tenere in conto i fatti storici e non mascherarsi dietro a un’ideologia. Che anche i partigiani italiani si siano macchiati di efferrati crimini e’ anch’esso un fatto storico, che non va negato, ma cio’ non costituisce certo un lenitivo nei confronti dei crimini commessi da Graziani.