Cavaliere, faccia gli scongiuri: l’«endorsement» di Scalfari porta sfiga
Tutto ma questo no, proprio non ci voleva. Già, perché Silvio Berlusconi ha dimostrato di resistere a tutto – tradimenti, scissioni, processi, divorzi e persino malanni – ma è difficile che riesca a uscire indenne dall’imprevedibile endorsement di Eugenio Scalfari che a Di martedì, la trasmissione de La7 condotta da Giovanni Floris, ha sorpreso tutti rivelando di preferir Berlusconi al grillino Di Maio. Avete letto bene: Scalfari, proprio lui, il più antiberlusconiano di tutto gli antiberlusconiani, il giornalista che ha acidamente contestato ogni scelta recasse il sigillo del Cavaliere, l’opinionista le cui granitiche certezze sulla “impresentabilità” del leader di Forza Italia mai sono state accarezzate dal dubbio. In teoria, dunque, il suo endorsement dovrebbe far felice Silvio. Se fossimo in lui, tuttavia, ci guarderemmo bene dal far saltare tappi di champagne. Scalfari non è esattamente un portafortuna e davvero non si contano, tra i politici, le “vittime” dei suoi appoggi più o meno convinti e più o meno disinteressati. Già, perché il fondatore di Repubblica possiede quest’ambivalenza: “uccide” amici e nemici. I primi avvolgendoli in un abbraccio mortale; i secondi a colpi di paginate al curaro. «A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca», diceva Andreotti. E qui tutto lascia credere che la clamorosa rivelazione scalfariana, più che il classico ripensamento senile, preluda solo ad un cambio di strategia. Insomma, avrà ragionato Scalfari, dal momento che Berlusconi è ancora politicamente vivo e vegeto e saldo nella propria leadership a dispetto di vent’anni e passa di pelo e contropelo, è ora di passare al “piano B”, l’abbraccio mortale appunto, da cui non si sono salvati Berlinguer, De Mita, Segni, la Pivetti, Prodi, Rutelli, Veltroni, Fini, Letta (Enrico) e, da ultimo, Matteo Renzi. Manca solo la maschera di Berlusconi a impreziosire il museo delle cere della politica nazionale realizzato in quarant’anni di sponsorizzazioni da parte di Barbapapà. Fossimo perciò nel panni del Cavaliere, ringrazieremmo a denti stretti e non senza aver prima energicamente e a lungo strofinato gli attributi.